Il futuro del CMO, centro medico polispecialistico travolto da una complessa vicenda giudiziaria, è ormai nelle mani della Corte di Cassazione. Due i fronti aperti nella Capitale: la sezione civile dovrà pronunciarsi sul ricorso contro la decisione della Corte d’Appello di Napoli che ha rigettato il concordato preventivo, spalancando di fatto le porte alla liquidazione giudiziale, il nuovo termine che sostituisce il concetto di fallimento. La sezione penale, invece, dovrà valutare il ricorso della Procura di Torre Annunziata contro l’annullamento del sequestro milionario disposto nei confronti della Gigante Immobiliare, ritenuta una delle “cassaforti” attraverso cui il CMO avrebbe eluso il fisco.

Un intreccio giudiziario tra civile e penale
Secondo l’ipotesi accusatoria, la società immobiliare avrebbe avuto un ruolo chiave in un presunto schema di bancarotta fraudolenta, con movimentazioni milionarie e la cessione sospetta di crediti verso altre realtà, come la Torre M2, altra società immobiliare. A complicare ulteriormente la vicenda, il fatto che Nazario Matachione, presidente del Savoia Calcio e noto imprenditore del settore farmaceutico, abbia avuto ruoli di rilievo all’interno delle società coinvolte.

Il tentativo di salvataggio: concordato preventivo e cram down fiscale
Nel tentativo di evitare il collasso, il CMO ha provato a percorrere la strada del concordato preventivo, affidandosi a una squadra di professionisti, tra cui il commercialista Vincenzo Sica. Il Tribunale ha nominato tre commissari, tra cui il docente universitario Carmine Romano, anche legale del Savoia Calcio. La proposta di accordo coi creditori, che prevedeva una ristrutturazione del debito, è stata approvata dal Tribunale nonostante il voto contrario dell’Agenzia delle Entrate, creditrice per quasi un milione di euro.

L’elemento chiave è stato l’applicazione del cram down fiscale, principio secondo cui il voto contrario del fisco può essere superato se si dimostra che, in caso di liquidazione, l’Erario non otterrebbe un miglior soddisfacimento dei propri crediti. Il Tribunale di Torre Annunziata ha accolto questa linea, ma la decisione è successivamente ribaltata dalla Corte d’Appello di Napoli, che ha giudicato negativamente l’intero impianto del concordato.

Doppio stop e ricorso in Cassazione
Anche sul fronte penale, il quadro si è complicato. Il sequestro di oltre 11 milioni di euro disposto dal GIP su richiesta della Procura è stato annullato dal Tribunale del riesame di Napoli, che ha ritenuto non sussistenti gli elementi per configurare un reato. Una decisione che ha spinto la Procura a ricorrere in Cassazione.

Ora, il verdetto decisivo è atteso proprio dalla Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sia in sede civile che penale. Da queste sentenze dipende non solo il futuro del CMO, ma anche quello dei lavoratori che, nonostante l’incertezza, continuano a garantire i servizi del centro medico.

La partita si gioca a Roma
Tutti gli occhi sono ora puntati su Piazza Cavour, sede della Corte di Cassazione. È lì che si giocherà l’ultima, cruciale partita per il salvataggio (o la definitiva caduta) del CMO, con riflessi rilevanti sull’economia locale, sul tessuto sanitario e sull’intreccio tra imprenditoria, sport e giustizia che fa da sfondo a questa intricata vicenda.