Undici persone arrestate e altre sei indagate a piede libero: è il bilancio dell’operazione eseguita all’alba di lunedì 11 novembre contro il clan D’Alessandro, storico gruppo criminale attivo a Castellammare di Stabia e nell’area stabiese. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha portato alla luce una fitta rete di rapporti interni al clan e presunti collegamenti con attività economiche locali, comprese imprese e società di servizi.

La ricostruzione della Dda: due affiliati consegnati ai rivali per evitare una faida

Secondo le indagini, il clan D’Alessandro avrebbe cercato di evitare l’esplosione di una nuova faida con il gruppo rivale dei Di Somma–Lucarelli consegnando due propri affiliati perché venissero puniti dopo un episodio ritenuto un grave affronto.

L’episodio risale all’8 maggio 2024, quando due giovani – entrambi ritenuti vicini al clan – si presentarono al Pronto Soccorso dell’ospedale San Leonardo di Castellammare con gravi ferite: uno con un trauma cranico e la frattura del setto nasale, l’altro con la mutilazione di due falangi dell’indice sinistro.
I due avevano dichiarato di essere rimasti vittime di un incidente stradale, ma per gli inquirenti la versione non reggeva: appena tre giorni prima, infatti, avevano sparato contro l’auto del boss rivale dei Di Somma-Lucarelli, a bordo con la compagna incinta.

Per evitare che l’attacco degenerasse in un nuovo conflitto armato tra clan, la leadership dei D’Alessandro avrebbe deciso di consegnare i due responsabili ai rivali, consentendo loro di eseguire una “punizione esemplare”.
Le violenze sarebbero avvenute nel quartiere Santa Caterina, con la presenza di esponenti di entrambi i gruppi.

Il giudice per le indagini preliminari, tuttavia, non ha ritenuto sufficienti gli elementi raccolti per dimostrare in modo certo il legame tra l’agguato e il successivo ferimento, escludendo quindi la sussistenza della gravità indiziaria su questo specifico punto.

L’operazione e gli arresti

Il blitz è condotto dalla Squadra Mobile di Napoli, dal commissariato di Castellammare di Stabia e dalla SISCO, su mandato della Dda.
Tra i destinatari delle misure cautelari figurano Pasquale D’Alessandro, 54 anni, ritenuto l’attuale reggente della cosca dopo la scarcerazione nel 2023, e Paolo Carolei, considerato un elemento di vertice.

In carcere sono finiti anche Michele Abbruzzese, Giovanni D’Alessandro, Vincenzo D’Alessandro, Biagio Maiello, Massimo Mirano, Giuseppe Oscurato, Antonio Salvato e Petronilla Schettino.
Agli arresti domiciliari è posto Catello Iaccarino. Complessivamente gli indagati sono 17.

I summit e le attività economiche nel mirino

Le indagini hanno documentato riunioni periodiche tra i vertici del clan in bar e ristoranti di Castellammare, dove venivano impartiti ordini e prese decisioni operative. Prima di ogni incontro, i partecipanti si liberavano dei telefoni cellulari per evitare intercettazioni.

Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, tentata estorsione e traffico di stupefacenti, reati aggravati dall’aver agito per favorire l’organizzazione criminale.

Gli inquirenti hanno inoltre individuato imprese e ditte di pulizie riconducibili al clan, alcune delle quali risultano aggiudicatarie di appalti pubblici presso l’ospedale San Leonardo e con collegamenti con la Juve Stabia Calcio, società di recente sottoposta ad amministrazione controllata per infiltrazioni mafiose.

Un’inchiesta che conferma l’attualità del potere del clan

Il nuovo intervento della Dda conferma, secondo gli investigatori, la persistente operatività del clan D’Alessandro nel controllo del territorio stabiese e dei circuiti economici locali.
Nonostante i numerosi arresti degli ultimi anni, la cosca avrebbe mantenuto un forte potere di intimidazione e una fitta rete di contatti nel tessuto cittadino.