Lo scorso 25 luglio, un ragazzo di 15 anni, Alessandro, è stato brutalmente aggredito da un branco composto da sei-sette giovani – alcuni dei quali maggiorenni – nel parcheggio dell’Istituto Salesiano di Caserta.
La violenza, improvvisa e senza possibilità di difesa, ha provocato al minore una frattura della mandibola in due punti. Ricoverato per nove giorni, è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico con l’inserimento di due placche in titanio e cinque viti. Dovrà affrontare un nuovo intervento nei prossimi mesi.

«Mi hanno circondato e colpito all’improvviso. Un pugno fortissimo mi ha fatto cadere e lì ho ricevuto calci e pugni. Ora ho paura di uscire» ha raccontato il giovane.

La denuncia e la paura

Nonostante il trauma, Alessandro ha avuto il coraggio di riconoscere e denunciare gli aggressori. Tuttavia, oggi vive chiuso in casa, intimorito dalle possibili ritorsioni. «A 15 anni si ritrova a vivere come segregato – spiega il deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, che gli ha fatto visita – mentre chi lo ha pestato continua a circolare liberamente, pubblicando sui social messaggi che richiamano modelli criminali e violenti».

Il parlamentare ha denunciato anche l’atteggiamento delle famiglie degli aggressori: «Hanno cercato di minimizzare l’accaduto parlando di una semplice lite tra ragazzi, senza neppure chiedere scusa. Evidentemente ne condividono la condotta vergognosa».

Le parole della famiglia

Il padre di Alessandro ha ringraziato l’equipe medica dell’ospedale di Caserta per la professionalità che ha permesso di evitare il peggio: «Hanno dimostrato grande capacità umana. Sono fiducioso che mio figlio si riprenderà, ma il percorso è ancora lungo.
Purtroppo non posso dire lo stesso della giustizia: è come se fosse andata in ferie. Noi abbiamo passato le nostre accanto a nostro figlio, senza ricevere neanche un messaggio di scuse dalle famiglie degli aggressori».

La richiesta di giustizia

Il caso ha riacceso il dibattito sulla violenza giovanile. «Quanti episodi simili dobbiamo ancora aspettare prima che si faccia giustizia? – si chiede Borrelli –. I responsabili sono stati identificati, alcuni sono maggiorenni. Non è accettabile che la vittima viva nella paura e i carnefici siano liberi».