Il caso del Castello delle Cerimonie, noto come La Sonrisa, rappresenta una complessa sfida che coinvolge aspetti legali, economici e sociali. La vicenda, che ha avuto inizio nel lontano 2011 e si è protratta per oltre un decennio, ha visto la struttura crescere fino a diventare un punto di riferimento economico e lavorativo per la zona circostante, nonostante le sue origini abusive. La recente sentenza della Corte di Cassazione che ha ordinato la confisca dei 40.000 metri quadrati di territorio occupati abusivamente ha generato preoccupazione soprattutto per il destino dei numerosi dipendenti che lavorano presso il Castello. Si stima che circa 150 dipendenti fissi, oltre a personale stagionale, dipendano direttamente dalla struttura, senza contare l’indotto che coinvolge attività e servizi esterni al Castello stesso.

La situazione attuale è caratterizzata da una certa incertezza: nonostante la struttura continui a operare, i prezzi delle camere sono ridotti e alcune cerimonie sono disdette, mettendo in bilico il futuro della Sonrisa. Il Comune di Sant’Antonio Abate, insieme alla Prefettura e alla Procura di Napoli, si trova ora a dover affrontare la questione e decidere le azioni da intraprendere.

Tra le richieste dei dipendenti vi è la salvaguardia dei posti di lavoro, con la possibilità di mantenere attiva la struttura almeno per i prossimi tre anni. In vista di ciò, è stata organizzata una manifestazione dei lavoratori del Castello per sensibilizzare le istituzioni e cercare una soluzione che possa tutelare tutti gli interessati.

Nel frattempo, la famiglia Polese, proprietaria della struttura, ha annunciato di voler fare ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, sostenendo di aver subito violazioni del diritto al giusto processo. Se questa richiesta dovesse essere accettata, si aprirebbero nuove prospettive per il futuro della Sonrisa, ma resta da vedere quale sarà l’esito di questo ricorso e quali saranno le conseguenze sul destino della struttura e dei suoi dipendenti.