Camorra, 25 arresti nei Paesi Vesuviani tra i Mazzarella "ramificati"

Un duro colpo al clan Mazzarella, una delle organizzazioni camorristiche più radicate e potenti dell’area napoletana. All’alba, la Polizia di Stato ha eseguito un’operazione ad ampio raggio che ha por...

10 luglio 2025 18:30
Camorra, 25 arresti nei Paesi Vesuviani tra i Mazzarella "ramificati" -
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Un duro colpo al clan Mazzarella, una delle organizzazioni camorristiche più radicate e potenti dell’area napoletana. All’alba, la Polizia di Stato ha eseguito un’operazione ad ampio raggio che ha portato all’emissione di 25 misure cautelari. Tra queste, 20 persone sono finite in arresto – 18 in carcere e 2 ai domiciliari – mentre ad altre cinque è stato imposto il divieto di dimora a Napoli. In totale, sono 57 gli indagati nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea e condotta dalla Squadra Mobile di Napoli.

L’indagine ha permesso di ricostruire in dettaglio la nuova struttura del clan Mazzarella, che continua a esercitare un controllo capillare su ampie aree della città e della provincia. Dalla zona centrale di Napoli – Forcella, Maddalena, Mercato, San Gaetano, Case Nuove – fino ai quartieri più periferici come San Giovanni a Teduccio e ai comuni vesuviani di Marigliano, Somma Vesuviana, Portici e San Giorgio a Cremano, il clan si conferma una rete criminale articolata e ben organizzata.

Al vertice della struttura, secondo gli inquirenti, si trova oggi Luciano Barattolo, 32 anni, nipote del boss storico Vincenzo Mazzarella. Barattolo avrebbe assunto un ruolo di coordinamento e direzione delle varie cellule operative, mantenendo la base nel rione Sant’Alfonso, conosciuto come “il Connolo”, considerato una delle roccaforti della cosca. Tra le articolazioni principali emerse dall’inchiesta, spiccano quella di Forcella, gestita dalla famiglia Buonerba – conosciuti come i “Capelloni” – e quella di Poggioreale, sotto il controllo dei Nunziata, soprannominati “Castagnari”.

Fulcro dell’attività criminale è il traffico e la distribuzione di stupefacenti, con una filiera ben collaudata che rifornisce costantemente le numerose piazze di spaccio del territorio. Le modalità di vendita si sono evolute: accanto allo spaccio al dettaglio tradizionale si è affermato il sistema “delivery”, con consegne a domicilio organizzate su richiesta telefonica e concordate in luoghi ogni volta diversi. Un autolavaggio è individuato come punto d’appoggio per queste attività, fungendo da base logistica per gli scambi di droga e gli incontri con i clienti.

L’inchiesta ha anche ricostruito la gestione della cassa comune del clan, da cui erano attinte risorse per sostenere economicamente i detenuti e le loro famiglie. Le forze dell’ordine hanno documentato numerosi episodi estorsivi, che hanno colpito sia attività lecite – come una pizzeria e un cantiere nautico – sia realtà già coinvolte nell’illegalità, come il commercio di merce contraffatta.

Durante la conferenza stampa, il procuratore di Napoli Nicola Gratteri ha evidenziato la rilevanza dell’operazione, spiegando che “questa azione ha liberato una parte della città, dimostrando che lo Stato è presente, e con esso le forze dell’ordine”. Gratteri ha definito il clan Mazzarella come “una camorra di serie A”, perfettamente inserita nel territorio e dotata di un’inquietante capacità di rigenerazione. Un'organizzazione, ha ribadito, che sa riorganizzarsi rapidamente dopo ogni colpo giudiziario.

Anche il capo della Squadra Mobile di Napoli, Giovanni Leuci, ha sottolineato come l’indagine abbia messo in luce un sistema fondato sulla lealtà assoluta verso il clan e la famiglia Mazzarella. Un patto di fedeltà che continua a sostenere l’impero criminale, nonostante le operazioni di contrasto.

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