Un errore grave, un’ondata di indignazione nazionale, e infine una richiesta pubblica di perdono. È quanto accaduto a Stefano Addeo, docente di lingua tedesca dell’hinterland napoletano, finito al centro delle polemiche dopo aver pubblicato un post sui social considerato inaccettabile e offensivo nei confronti della figlia del Presidente del Consiglio.
Il contenuto del post e la reazione pubblica
Nel messaggio, ora cancellato, il professore evocava per la figlia della premier la stessa tragica sorte toccata a Martina Carbonaro, la 14enne di Afragola uccisa dal suo ex fidanzato. Il riferimento, immediatamente rimosso, ha suscitato condanna unanime da parte dell’opinione pubblica e del mondo politico.
L’episodio ha avuto ripercussioni personali molto serie sul docente, che, secondo fonti vicine, avrebbe anche tentato un gesto estremo, successivamente sventato.
La lettera di scuse: “Mi assumo ogni responsabilità”
In seguito alla bufera mediatica, Addeo ha scritto una lettera aperta indirizzata alla Presidente del Consiglio, nella quale esprime profondo pentimento e chiede pubblicamente scusa:
“Le scrivo con profondo rispetto e autentico pentimento. In questi giorni ho avuto modo di riflettere sul gesto che ha ferito Lei e la sua famiglia. È stato un errore gravissimo. Mi assumo ogni responsabilità per le parole scritte, anche se non era mia intenzione augurare la morte a una bambina.”
Il professore prosegue sottolineando come quelle frasi non lo rappresentino, né come uomo né come educatore:
“Sono un insegnante da molti anni. Sebbene abbia sempre espresso chiaramente le mie idee politiche, non ho mai permesso che influenzassero il mio lavoro in aula.”
Nella stessa lettera, Addeo fa riferimento alle difficoltà personali che sta vivendo, ribadendo però che nessuna condizione personale può giustificare quanto accaduto:
“Nulla può cancellare il male fatto. Solo la verità, il pentimento e il rispetto possono servire ora. Chiedo pubblicamente scusa a Lei e a sua figlia.”
La richiesta finale: “Vorrei guardarla negli occhi”
La lettera si conclude con un appello diretto:
“Le chiedo, se possibile, di potermi incontrare per poterLe chiedere scusa di persona. Lo chiedo da uomo, da cittadino e da educatore. Credo ancora che si possa sbagliare, ma che la dignità consista nel riconoscere i propri errori e non ripeterli.”