Una tragedia che spezza il cuore. Una ragazza di soli 16 anni, giunta a Lampedusa dopo un drammatico viaggio dalla Libia, è morta nel Centro grandi ustioni dell’ospedale Civico di Palermo. La giovane, vittima di un’esplosione avvenuta sul barcone che avrebbe dovuto portarla verso una nuova vita, era arrivata in Italia senza nome, senza documenti, senza alcuna identità tracciabile.
Rapita nel suo Paese, sopravvissuta al deserto e alla violenza
La sua storia è emersa pezzo dopo pezzo. La ragazza era stata rapita insieme alla cugina nel suo Paese d’origine. La cugina è morta nel deserto, durante il tentativo di attraversare l’Africa verso le coste libiche. Lei, invece, è rimasta bloccata per un anno e mezzo in Libia, subendo violenze, privazioni, abusi.
L’incidente in mare e le gravi ustioni
Nel momento in cui sembrava poter finalmente fuggire dall’inferno, il barcone sul quale era stata caricata è esploso. Con lei, altre quattro ragazze hanno perso la vita. La giovane è riuscita a sopravvivere, ma ha riportato ustioni gravissime su gran parte del corpo.
Accolta a Lampedusa, è stata poi trasferita a Palermo, nel Sistema Accoglienza Integrazione (SAI) del Comune. Le sue condizioni erano disperate, ma non aveva con sé alcuna identità.
Ritrovare la famiglia grazie a un paio di orecchini
È stato un dettaglio piccolo ma fondamentale – un paio di orecchini e un numero di telefono – a permettere agli operatori di ricostruire il suo passato. Le ricerche hanno condotto a uno zio residente a Londra. Attraverso di lui, è stato possibile rintracciare la madre.
L’abbraccio con la madre e il tragico epilogo
Grazie agli operatori del sistema di accoglienza, la madre ha potuto raggiungere la figlia in ospedale. Gli operatori raccontano:
“Le abbiamo detto che sua figlia era viva, che la stava aspettando, che i medici erano pronti a operarla. Ma aveva bisogno della sua presenza, del suo sostegno. Non poteva affrontare da sola quel delicatissimo intervento”.
La madre è riuscita a riabbracciare la figlia. Ma poco dopo è arrivata la notizia che non ce l’aveva fatta.