Si tinge di giallo e cronaca giudiziaria la vicenda del tiktoker Michele Napolitano, 26 anni, finito agli arresti domiciliari dopo un rocambolesco episodio avvenuto durante i festeggiamenti per lo scudetto. A disporre la misura cautelare è stata il GIP Lucia De Micco, che nella sua ordinanza ha sottolineato le “luci e ombre” della confessione dell’indagato e la sua attitudine a manipolare la realtà con finalità di visibilità sui social e ritorno economico.

La fuga e il ritrovamento dell’arma
I fatti risalgono ai giorni successivi alla conquista del titolo calcistico, quando Napolitano è stato intercettato dai carabinieri nei pressi di via Acton, a Napoli, mentre si trovava a bordo di uno scooter insieme ad altre due persone: un amico e il cognato. Alla vista del posto di blocco, il giovane ha tentato la fuga, liberandosi di una pistola calibro 38 con matricola parzialmente abrasa e caricatore pronto all’uso.

Il comportamento ha immediatamente attirato l’attenzione delle forze dell’ordine, che hanno proceduto all’arresto. L’arma è successivamente recuperata e sequestrata.

La versione dell’indagato: “Minacce sui social”
Durante l’udienza di convalida dell’arresto, Michele Napolitano ha spiegato di aver acquistato l’arma per difendersi da minacce ricevute sui social, una motivazione che il giudice ha definito poco convincente e sintomatica di una pericolosa volontà di autosuggestione e costruzione di una narrativa personale utile ai fini della popolarità.

Le accuse contestate: ricettazione e resistenza
Il GIP ha riconosciuto la sussistenza dei reati di ricettazione dell’arma, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, rigettando ogni attenuante legata al contesto mediatico o alle paure riferite dall’indagato. Pertanto, ha disposto la misura degli arresti domiciliari, ritenendo che sussista un concreto pericolo di reiterazione del reato, anche in considerazione dell’influenza esercitata dal giovane sui social.

Una figura controversa tra web e realtà
Napolitano, residente a Melito di Napoli, è noto su TikTok per i suoi video a forte impatto emotivo e per una narrazione spesso ai limiti tra realtà e finzione. L’episodio conferma, secondo il giudice, la tendenza del giovane a piegare gli eventi alla propria narrazione digitale, con il rischio di influenzare negativamente un pubblico giovane e impressionabile.