Mentre il mondo celebra la Pasqua, a Gaza non si smette di morire. Nessuna alba dopo l’ultimo tramonto immortalato da Fatima, per lei e la sua famiglia. Arriva nel giorno della Passione di Cristo la notizia dell’uccisione della fotogiornalista palestinese, Fatima Hassouna.

Arriva come tutte le esplosioni che partono dagli attacchi aerei in guerra, squarciano Cielo e Memoria, rasano al suolo e riscrivono la storia. La notizia della morte di Fatima, colpisce particolarmente, perchè esattamente 48 ore prima dall’esplosione mortale il mondo dell’informazione, il mondo civile, il mondo della pace aveva gioito:  Fatima era attesa a Cannes il prossimo mese, era stata invitata per la proiezione del suo documentario su Gaza al festival cinematografico di Cannes.

Laureata in multimedia all’University college of applied sciences di Gaza, Fatima, 25 anni, non era solo una fotogiornalista, ma una testimone visiva di una realtà che diventa ogni giorno più dura.

Dal 7 ottobre 2023 documentava la vita quotidiana degli abitanti dell’enclave palestinese. Ha coraggiosamente ripreso tutto: gli sfollamenti forzati, le devastazioni causate dagli attacchi, la morte dei suoi connazionali sotto le bombe, il loro ritorno a ciò che rimaneva delle loro case dopo il cessate il fuoco, ma anche i sorrisi dei bambini tra le rovine.

Alcune ore prima di essere uccisa, Fatima aveva postato una foto del tramonto dal suo balcone. Sfumati i fumi degli attacchi aerei aveva scorto il Cielo libero dalle scie mortali e aveva scritto: “Questo è il primo tramonto da molto tempo”.

Resterà l’ultimo impresso nel suo cuore, Fatima è stata uccisa insieme alla sua famiglia.

“Per quanto riguarda la morte inevitabile, se muoio, voglio una morte rumorosa, non voglio finire in una notizia dell’ultima ora, né in un numero di un gruppo, voglio una morte che venga udita dal mondo, una traccia che duri per sempre e immagini immortali che né il tempo né il luogo possano seppellire”, scriveva tempo fa. La sua morte fa rumore. E fa tanto male.