Uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Volcanology and Geothermal Research ha fornito un’analisi approfondita delle acque sotterranee della caldera dei Campi Flegrei, un’area di grande interesse geologico e vulcanologico. La ricerca, condotta da un team dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OV), in collaborazione con diverse università italiane, rappresenta il primo studio esaustivo sulla geochimica della falda flegrea dal 2005, anno di inizio dell’attuale crisi bradisismica.

Un’analisi dettagliata dell’interazione tra fluidi vulcanici e acquiferi
L’indagine ha avuto l’obiettivo di comprendere i processi chimici che influenzano la composizione delle acque sotterranee della caldera. L’analisi di 114 campioni raccolti tra il 2013 e il 2014 ha permesso di sviluppare un modello geochimico avanzato, capace di descrivere l’evoluzione delle interazioni tra acqua meteorica, soluzioni saline idrotermali e gas vulcanici durante il loro percorso sotterraneo.

Secondo Stefano Caliro, dirigente tecnologo dell’INGV-OV, lo studio ha consentito di individuare i complessi processi che controllano le differenti caratteristiche delle acque sotterranee. Tra i fattori principali si evidenziano:

L’aggiunta di gas vulcanico-idrotermali
I processi di degassamento
L’interazione tra fluidi vulcanici e acquiferi
Questi fenomeni contribuiscono a delineare un quadro dettagliato della dinamica del sistema idrotermale, offrendo informazioni cruciali per il monitoraggio dell’attività vulcanica.

Le diverse tipologie di acque sotterranee nei Campi Flegrei
I ricercatori hanno evidenziato la coesistenza di diverse tipologie di acque sotterranee, ognuna influenzata da specifici processi geochimici. Nella caldera flegrea si trovano:

Acque fredde di origine meteorica, che si infiltrano nel sottosuolo attraverso il ciclo naturale dell’acqua, Acque bicarbonate termali, formate dall’interazione con i gas vulcanici nelle aree periferiche del sistema, e ancora Acque clorurate, originate da soluzioni saline ad alta temperatura. Acque sotterranee dell’area Solfatara-Pisciarelli, influenzate dalla condensazione di vapore ricco di zolfo, che svolge un ruolo determinante nella loro composizione chimica.
Come sottolineato da Giovanni Chiodini, dirigente di ricerca presso l’INGV, lo studio ha integrato il modello concettuale geochimico con un modello fisico numerico, confermando la risalita di gas nell’area Solfatara-Pisciarelli, considerata il cuore dell’attività idrotermale della caldera.

Un modello geochimico per il monitoraggio del vulcano
La ricerca non si è limitata alla caratterizzazione chimica delle acque, ma ha anche permesso di sviluppare un modello geochimico avanzato per interpretare eventuali variazioni future nella chimica delle acque sotterranee e nella dinamica dei processi vulcanici.

Secondo Alessandro Aiuppa, professore dell’Università di Palermo, l’integrazione tra analisi chimiche, isotopiche e modellazione numerica ha fornito una chiave di lettura innovativa per comprendere l’evoluzione della caldera flegrea. Questo approccio multidisciplinare consente di identificare in anticipo eventuali segnali di riattivazione vulcanica, contribuendo alla sicurezza del territorio.

Una rete permanente di monitoraggio dal 2018
I risultati dello studio hanno portato alla progettazione e alla realizzazione, nel 2018, di una rete multiparametrica di monitoraggio delle acque sotterranee nella caldera flegrea. Come spiegato da Mauro A. Di Vito, direttore dell’INGV-OV, questa infrastruttura è in continua evoluzione e rappresenta un elemento fondamentale per il controllo delle dinamiche vulcaniche.

Grazie ai dati raccolti, i ricercatori sono ora in grado di rilevare modifiche nel sistema idrotermale e identificare eventuali segnali precoci di un’eventuale ripresa dell’attività vulcanica. Il monitoraggio delle acque sotterranee si conferma quindi un fattore chiave nella sorveglianza della caldera flegrea, contribuendo alla mitigazione dei rischi associati a uno dei sistemi vulcanici più complessi d’Europa.