In seguito a un blitz avvenuto mesi fa nel Nolano, durante il quale finirono sequestrate quote azionarie e terreni a Francesco Caliendo di Saviano, il tribunale ha disposto il dissequestro dei beni. La decisione è presa sulla base delle argomentazioni difensive presentate dall’avvocato Luca Capasso, che ha dimostrato l’estraneità di Caliendo al clan Sangermano. Il blitz era identificato come quello relativo all’inchino della statua della Madonna al boss, e i fatti si sono verificati tra Nola e San Paolo Belsito. L’ordinanza riguardava complessivamente 25 soggetti ritenuti appartenenti al Clan “Sangermano”, con operatività nell’agro nolano, gravemente indiziati di reati quali associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza, usura, autoriciclaggio e porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo, quest’ultimi reati aggravati dalle finalità e modalità mafiose.
L’indagine, condotta tra il 2016 e il 2019 e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha evidenziato l’operatività del sodalizio criminale con base a San Paolo Bel Sito (NA) e con interessi principalmente nell’agro nolano e in una parte della provincia di Avellino. L’obiettivo del clan era quello di affermare il proprio controllo egemonico sul territorio di interesse, avvalendosi anche di una considerevole quantità di armi comuni da sparo.
Le indagini hanno rivelato numerose estorsioni perpetrate dal clan attraverso l’imposizione di prodotti caseari a numerosi esercizi commerciali della zona, nonché l’induzione degli imprenditori all’acquisto di materiali per l’edilizia da una specifica rivendita di riferimento. Il sodalizio garantiva profitti significativi anche tramite attività di riciclaggio, l’esercizio illecito della professione creditizia e la concorrenza sleale, sfruttando l’intimidazione derivante dalla sua azione associativa sul territorio.
A dimostrazione della forte presenza del clan nella zona, durante la processione della patrona del paese, l’effigie della Santa era stata fatta “inchinare” di fronte all’abitazione del capo clan.
Durante le attività investigative, i carabinieri hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo, del valore di circa 30 milioni di euro, che ha coinvolto immobili (terreni e fabbricati), società, autovetture e rapporti finanziari.





