L’omicidio preterintenzionale e non volontario, anche noto come omicidio colposo, rappresenta un reato molto grave che ha conseguenze disastrose per la vittima e per i suoi familiari. Nella sentenza emessa ieri dalla Corte d’Assise di Salerno, l’imputato è condannato a 12 anni di carcere per aver ucciso il proprio padre, ma l’accusa è derubricata in quanto è riconosciuta la sua parziale infermità mentale. L’omicidio preterintenzionale si verifica quando una persona causa la morte di un’altra senza avere intenzione di farlo, ma agendo in modo negligente, imprudente o con scarsa attenzione alle conseguenze delle proprie azioni. In questo caso, l’imputato ha colpito il padre al petto con un coltello durante un litigio, causandone la morte.
La difesa ha cercato di sostenere la carenza di prove, ma la giustizia italiana ha valutato l’insieme degli elementi a disposizione degli investigatori, che hanno scoperto anche il tentativo dell’imputato di cremare il padre nel suo paese d’origine, dimostrando una chiara volontà di eludere la giustizia italiana.
In questo caso, la parziale infermità mentale dell’imputato ha avuto un peso importante nella derubricazione dell’accusa da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale. La giurisprudenza italiana riconosce la parziale infermità mentale quando una persona, seppur non totalmente incapace di intendere e di volere, ha una ridotta capacità di comprendere le conseguenze delle proprie azioni.





