Su TikTok il tremendo omaggio alla tomba di Cutolo: "Un grande uomo"

L’apologia della camorra corre sui social

A cura di Redazione
22 dicembre 2025 21:31
Su TikTok il tremendo omaggio alla tomba di Cutolo: "Un grande uomo" -
Condividi

A quasi cinque anni dalla morte di Raffaele Cutolo, fondatore e capo indiscusso della Nuova Camorra Organizzata, il suo nome continua a riemergere nei luoghi più inattesi. Non nei libri di storia giudiziaria o nelle aule dei tribunali, ma sui social network, dove frammenti della sua narrazione criminale vengono ancora oggi celebrati e riproposti.

Scorrendo TikTok, nelle ultime ore è comparso un video girato nel cimitero di Ottaviano, paese natale del boss. A realizzarlo è un utente con circa 77mila follower, che si rivolge al pubblico in dialetto napoletano. Il messaggio iniziale sembra innocuo: un invito a visitare i defunti prima delle festività natalizie. Ma il tono cambia quando l’inquadratura si ferma sulla tomba di Cutolo. «Pure i grandi uomini qua stanno. Questo è un grande uomo», afferma l’autore del video.

Un passaggio breve, ma sufficiente a trasformare un’apparente riflessione sulla memoria in un omaggio esplicito a una delle figure più violente della storia criminale italiana.

Un video virale, nessun dissenso

Nel giro di poche ore il contenuto ha raccolto migliaia di visualizzazioni. Nei commenti, almeno nella versione originale del post, prevalgono consensi e approvazioni. Nessuna presa di distanza, nessun richiamo alle vittime della Nco, nessuna contestazione del messaggio. Solo adesione.

Secondo le linee guida di TikTok, i contenuti che esaltano o giustificano figure criminali dovrebbero essere rimossi. E infatti, una volta ripubblicato su altri profili, il video ha iniziato a ricevere anche critiche e reazioni negative, segno che il tema divide e continua a interrogare l’opinione pubblica.

Cutolo come simbolo identitario

Il caso non è isolato. Da decenni, la figura di Raffaele Cutolo viene utilizzata come strumento identitario, soprattutto in alcuni contesti territoriali e tra le fasce più giovani. Un processo iniziato già quando il boss era in vita. Cutolo aveva compreso prima di molti altri che il potere mafioso non può basarsi solo sulla paura: ha bisogno di consenso, di riconoscimento, di un racconto capace di nobilitare la violenza.

Negli anni Settanta e Ottanta, mentre la Nco seminava morte e terrore, una parte della popolazione lo definiva «'o Professore», «il santo protettore», costruendo attorno alla sua figura una mitologia che ha oscurato il sangue versato e il dolore provocato.

La memoria selettiva dei social

I social network amplificano questo meccanismo. Il linguaggio breve, emotivo e spesso privo di contesto favorisce una memoria selettiva, in cui il criminale diventa personaggio e la storia viene ridotta a slogan. La violenza scompare, le vittime diventano invisibili, mentre resta un’immagine distorta di “uomo d’onore” che nulla ha a che fare con la realtà.

È proprio contro questa narrazione che da anni si battono magistrati, storici e associazioni antimafia, impegnati a restituire centralità alle vittime e a smontare il fascino tossico della criminalità organizzata.

Il confine tra libertà e apologia

Dal punto di vista giuridico, il tema resta complesso. L’elogio di un criminale non è automaticamente reato. Diventa penalmente rilevante solo quando è ritenuto idoneo a rafforzare concretamente la cultura mafiosa o a istigare comportamenti criminali. Un confine sottile, che chiama in causa anche la responsabilità delle piattaforme digitali, sempre più centrali nella formazione dell’immaginario collettivo.

Segui il Fatto Vesuviano