Operata e salvata ma lei è Testimone di Geova denuncia i medici

Trasfusione salvavita alla paziente

A cura di Redazione
27 dicembre 2025 19:00
Operata e salvata ma lei è Testimone di Geova denuncia i medici -
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Una vicenda che mette a confronto diritto alla vita e libertà religiosa: una donna, Testimone di Geova, è stata sottoposta a una trasfusione di sangue durante un intervento d’urgenza al Policlinico Umberto I di Roma. Nonostante il rifiuto espresso dalla paziente, il chirurgo ha deciso di procedere con l’emotrasfusione per salvare la vita della donna, consapevole del rischio di incorrere in accuse di violenza privata.

L’intervento

La paziente, sulla quarantina, si era presentata al pronto soccorso il 18 dicembre con forti dolori addominali, a seguito di un bypass gastrico subito in precedenza. I medici hanno stabilito l’urgenza dell’operazione, ma la donna ha dichiarato fermamente di non voler ricevere sangue, motivando la scelta con precetti religiosi che considerano il sangue sacro e inviolabile.

Di fronte alla situazione critica, il chirurgo ha contattato il magistrato di turno per chiarimenti, ma ha deciso comunque di procedere con l’operazione, incluse eventuali trasfusioni, per garantire la sopravvivenza della paziente. L’intervento è andato a buon fine e la donna è ora fuori pericolo.

Diritti dei pazienti e libertà religiosa

Il caso solleva questioni legali delicate. La giurisprudenza italiana tutela la libertà religiosa e il diritto all’autodeterminazione sanitaria: i Testimoni di Geova possono rifiutare le trasfusioni anche in situazioni di pericolo di vita, se la scelta è espressa chiaramente o documentata tramite disposizioni anticipate di trattamento.

Tuttavia, in assenza di un consenso scritto, l’operato del medico può essere soggetto a denuncia e indagine per violenza privata, come potrebbe accadere in questo caso.

Precedenti significativi

La magistratura italiana ha già affrontato situazioni simili:

Nel 2018, due medici del Cardarelli di Napoli furono assolti dopo aver praticato una trasfusione a una paziente che verbalmente negava il consenso, in mancanza di un documento scritto.

Sempre nel 2018, la Procura di Roma archiviò il caso di un medico accusato di omicidio colposo per non aver trasfuso una donna di 70 anni che aveva formalmente rifiutato il trattamento.

Questi precedenti sottolineano come il diritto del paziente a rifiutare cure mediche sia considerato fondamentale, anche di fronte a rischi per la vita.

Prospettive legali

Nel caso della paziente del Policlinico Umberto I, la possibilità di una denuncia dipenderà in gran parte dalla documentazione del rifiuto della trasfusione. La Procura di Roma sarà chiamata a valutare se l’operato del chirurgo, pur finalizzato a salvare la vita, costituisca violenza privata o se rientri nel margine di discrezionalità previsto dall’urgenza medica.

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