Da gennaio forte aumento per le sigarette
Rincari fino a 40 centesimi a pacchetto
Il 2026 si aprirà con una notizia poco gradita per milioni di fumatori italiani. Dal 1° gennaio entreranno in vigore i nuovi aumenti sui prodotti del tabacco previsti dalla Manovra di Bilancio, con un impatto progressivo sui prezzi che si estenderà fino al 2028.
L’intervento del Governo, confermato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti con un sintetico «aumentano, poco poco ma aumentano», mira a rafforzare le entrate fiscali attraverso l’incremento delle accise. L’obiettivo è garantire allo Stato oltre un miliardo di euro nel prossimo triennio.
Quanto aumentano le sigarette: i rincari anno per anno
Secondo la relazione tecnica allegata alla Manovra, l’aumento delle sigarette tradizionali sarà graduale. Nel 2026 il rincaro medio stimato è di circa 15 centesimi a pacchetto, destinato a salire a 25 centesimi nel 2027 e a raggiungere i 40 centesimi nel 2028.
In termini concreti, un pacchetto che oggi costa 5,50 euro potrebbe arrivare a 5,65 euro nel 2026 e avvicinarsi ai 6 euro entro due anni. Le stime, tuttavia, restano subordinate alle strategie delle multinazionali del tabacco, che potrebbero decidere se assorbire parte dell’aumento o trasferirlo interamente sul prezzo finale al consumatore.
Non solo “bionde”: aumenti anche per tabacco, riscaldato ed e-cig
La stretta fiscale non riguarda esclusivamente le sigarette confezionate. I rincari più consistenti colpiranno il tabacco trinciato, molto utilizzato soprattutto dai giovani: l’aumento medio previsto è di 50 centesimi nel 2026, con un incremento che potrebbe arrivare a 80 centesimi nel 2028.
Più contenuti, ma comunque significativi, gli aumenti per i dispositivi a tabacco riscaldato, con rincari compresi tra 8 e 15 centesimi a seconda dell’anno e del prodotto. Anche i liquidi per sigarette elettroniche subiranno un rialzo: +10% per quelli contenenti nicotina e +5% per i liquidi senza nicotina.
L’obiettivo dello Stato e il dibattito sulla salute
Mentre il Governo punta a rafforzare le entrate pubbliche, dal fronte sanitario arrivano richieste di misure ancora più incisive. L’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia, a vent’anni dalla legge che porta il suo nome, ribadisce la necessità di una tassazione elevata per contrastare il consumo di nicotina e impedirne la “normalizzazione”.
Secondo Sirchia, in un Paese come l’Italia, dove le patologie legate al fumo restano diffuse, l’aumento dei prezzi può rappresentare non solo un costo economico, ma anche uno strumento di prevenzione e di incentivo alla cessazione.
Il confronto con l’Europa: in altri Paesi si paga molto di più
Il paragone con altri Stati mostra quanto l’Italia resti ancora su livelli relativamente bassi. In Francia, un pacchetto da 20 sigarette dei marchi più diffusi costa mediamente tra 11,50 e 12,50 euro, frutto di una politica fiscale particolarmente severa.
Nel Regno Unito i prezzi sono tra i più alti d’Europa: un pacchetto di fascia alta arriva a 15,50-16 sterline, pari a circa 18,50-19 euro, con difficoltà a trovare alternative sotto le 12-13 sterline.
Un quadro che alimenta il dibattito: gli aumenti in arrivo saranno solo un aggravio per i fumatori o rappresenteranno un passo deciso verso una riduzione dei consumi e una maggiore tutela della salute pubblica.