Il 6 novembre 2025 le farmacie private di tutta Italia incroceranno le braccia per l’intero turno di lavoro. La protesta, indetta dalle sigle sindacali Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, punta a sbloccare la trattativa per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), scaduto il 31 agosto 2024.

Lo sciopero coinvolgerà circa 60 mila lavoratrici e lavoratori del settore, impiegati nelle farmacie private convenzionate. La mobilitazione arriva dopo l’esito negativo della procedura di raffreddamento e conciliazione tenutasi lo scorso 20 ottobre, a seguito della rottura del tavolo negoziale con Federfarma, l’associazione datoriale del comparto.

Le richieste dei sindacati

I sindacati chiedono a Federfarma di tornare al tavolo di trattativa con una proposta concreta che riconosca «il valore reale della professione» e tenga conto dell’aumento del costo della vita e dell’evoluzione del ruolo dei farmacisti e degli operatori del settore.

Secondo Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, il contratto nazionale scaduto da oltre un anno rappresenta una lacuna che penalizza migliaia di addetti, impegnati in un servizio pubblico essenziale che garantisce ogni giorno assistenza sanitaria e distribuzione di farmaci alla cittadinanza.

Una mobilitazione nel rispetto delle regole

Lo sciopero del 6 novembre è stato proclamato nel pieno rispetto delle normative vigenti e delle procedure previste dalla legge sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali.

Le farmacie private che aderiranno alla protesta potranno restare chiuse o limitare l’attività, garantendo comunque i servizi minimi essenziali previsti per legge, come la distribuzione dei medicinali urgenti e la reperibilità tramite turni di servizio.

Le prospettive dopo lo sciopero

Le organizzazioni sindacali auspicano che la mobilitazione possa riaprire il dialogo con Federfarma e portare a un rinnovo contrattuale equo, che valorizzi professionalità, retribuzioni e condizioni di lavoro.

Il settore farmaceutico privato, sottolineano i sindacati, ha un ruolo chiave nella rete di assistenza sanitaria territoriale, ma continua a operare con contratti e retribuzioni non aggiornati rispetto alle nuove responsabilità introdotte anche dopo la pandemia.