La procura di Roma indaga sulla morte della piccola Matilde, la neonata deceduta il 12 settembre nella casa di maternità Il Nido, in via Marmorata a Testaccio, ora posta sotto sequestro.
Il racconto del padre
Il padre della bimba, assistito dall’avvocato Andrea Mencarelli, ha ricostruito quanto accaduto sottolineando la difficoltà nei soccorsi:
«Sono stato io a chiamare il 112 con il mio cellulare, non le ostetriche. La sala parto si trova in un seminterrato senza campo telefonico e priva di sistemi automatici di chiamata di emergenza. Per questo sono dovuto uscire all’esterno per avvisare i soccorsi».
L’uomo ha inoltre spiegato che la scelta della struttura non sarebbe stata autonoma, ma indicata dalla Asl Roma 3, che per legge ha compiti di vigilanza sui parti a domicilio e nelle case maternità.
Le indagini
La pm Silvia Santucci ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e iscritto nel registro degli indagati la direttrice della struttura e l’ostetrica che ha seguito il parto.
Dai primi risultati dell’autopsia emerge che la neonata non aveva patologie congenite ed è morta per asfissia. Resta da chiarire se il decesso sia avvenuto prima della nascita o a seguito di manovre errate. Un altro punto chiave sarà valutare se un intervento più tempestivo avrebbe potuto salvarla.
Secondo la ricostruzione, la prima chiamata al 118 è partita alle 14:29, con l’arrivo dei soccorsi alle 14:45. I medici hanno tentato di rianimare Matilde per quasi 40 minuti, senza successo.
Il contesto e la struttura sotto sequestro
La casa maternità Il Nido è gestita da un’associazione nata nel 1997 che si dichiara contraria alla medicalizzazione del parto, all’anestesia epidurale e promuove pratiche come l’hypnobirthing.
Dopo la tragedia, gli investigatori hanno acquisito la cartella clinica e la documentazione della struttura, ora sotto sequestro.
Le condizioni della madre
La madre della piccola Matilde è ancora ricoverata in ospedale in condizioni definite gravi. Il marito ha annunciato l’intenzione di rendere pubblici ulteriori dettagli non appena la moglie starà meglio:
«È un dovere nei confronti di mia figlia e delle famiglie che potrebbero vivere la stessa drammatica esperienza».





