Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha recentemente concesso la grazia a Carlo Iannace, il medico senologo presso l’ospedale “Moscati” di Avellino, condannato in via definitiva per reato di falso ideologico continuato ed in concorso, commesso da un pubblico ufficiale in atti pubblici. La decisione presidenziale, datata dieci luglio e basata sull’articolo 87 della Costituzione italiana, riguarda esclusivamente la pena accessoria di tre anni di interdizione dai pubblici uffici.

Carlo Iannace è giudicato colpevole di aver commesso falso ideologico continuato in concorso, un reato serio che ha sollevato diverse polemiche in ambito giuridico e sociale. La Corte di Cassazione ha emesso la condanna in via definitiva il 23 gennaio scorso, rendendo la decisione del Presidente Mattarella oggetto di intensi dibattiti pubblici.

La grazia presidenziale è un atto di clemenza che consente di ridurre o sospendere l’esecuzione di una pena, mantenendo però la condanna. In questo caso specifico, la decisione di concedere la grazia si è concentrata sulla sola pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici, senza influenzare la condanna per il reato di falso ideologico.

Questa scelta ha sollevato interrogativi riguardo alle motivazioni dietro la decisione presidenziale e alla sua opportunità, specialmente considerando la natura del reato commesso da Iannace e il contesto giudiziario che lo circonda. Alcuni critici hanno espresso preoccupazioni riguardo alla giustizia del sistema e al messaggio che potrebbe essere trasmesso con la concessione di una grazia in un caso del genere.

La decisione di Sergio Mattarella continua a suscitare reazioni contrastanti, alimentando il dibattito su come e quando l’istituto della grazia debba essere applicato, specialmente in casi di reati gravi commessi da pubblici ufficiali.