Emerge cantiere "congelato" agli Scavi di Pompei
Confermata la tecnica dell’“hot mixing” nel celebre calcestruzzo romano
Un cantiere romano eccezionalmente conservato a Pompei offre la prova più completa mai ottenuta sulle tecniche costruttive impiegate per realizzare il duraturo opus caementicium. Il ritrovamento fornisce una conferma diretta dell’utilizzo dell’“hot mixing”, un metodo che prevedeva la presenza di clasti di calce viva all’interno dell’impasto e che garantiva proprietà di autoriparazione per secoli.
La scoperta è descritta in un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Communications.
La ricerca
Il team del Massachusetts Institute of Technology (MIT), insieme agli archeologi del Parco Archeologico di Pompei e ai ricercatori dell’Università del Sannio, ha analizzato campioni provenienti dalla Regio IX: cumuli di materie prime premiscelate a secco, un muro in costruzione e interventi di riparazione antichi, tutti conservati nello stesso ambiente di lavoro sigillato dall’eruzione del 79 d.C.
Nei cumuli di materiali, i ricercatori hanno rinvenuto frammenti di calce viva non completamente spenta, un’evidenza diretta che i Romani macinavano la calce viva e la mescolavano a secco con la pozzolana, aggiungendo l’acqua solo in fase di lavorazione in cantiere. Questa procedura creava reazioni termiche e una distribuzione irregolare di calce reattiva, elemento chiave della longevità del calcestruzzo romano.
Un’officina congelata nel tempo
Il direttore del Parco di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, ha sottolineato il valore della collaborazione internazionale e il ruolo dei parchi archeologici come centri di ricerca avanzata.
La particolarità del sito pompeiiano è la presenza simultanea di strumenti, pile di materiali e strutture in differenti stadi di lavorazione: un contesto unico che permette di osservare l’intero processo produttivo e di collegarlo a pratiche specifiche, piuttosto che a frammenti isolati di opere finite.
Implicazioni per il presente
Questo cantiere “congelato” nel 79 d.C. non solo dimostra che la tecnica dell’hot mixing era realmente utilizzata nel mondo romano, ma apre nuove prospettive sulla creazione di materiali da costruzione più resistenti e su metodi di restauro ispirati alle tecnologie antiche.
La combinazione di calce viva e componenti vulcanici reattivi permette infatti al materiale di autoripararsi nel tempo, una proprietà che potrebbe rivoluzionare l’ingegneria moderna in ottica di durabilità e sostenibilità.