Eav, licenziato dipendente della biglietteria di Pompei
Vendita di biglietti falsi e irregolarità
Il Tribunale di Napoli, Sezione Lavoro, ha confermato la legittimità del licenziamento di un ex dipendente della stazione di Pompei, rigettando il ricorso presentato dall’interessato. La sentenza, emessa il 9 dicembre, riconosce la gravità dei comportamenti che avevano portato al provvedimento disciplinare da parte di Eav.
Secondo quanto riportato dall’azienda, l’ex lavoratore avrebbe venduto titoli di viaggio contraffatti o alterati a scopo di lucro, manomesso apparecchiature aziendali e consentito l’ingresso non autorizzato di estranei in biglietteria. Il giudice ha inoltre convalidato l’utilizzo dei cosiddetti “controlli difensivi” attuati dall’ente, anche tramite agenzie investigative, ritenendoli necessari per accertare illeciti che mettono a rischio il patrimonio societario.
La posizione di Eav
In una nota, Eav ha espresso piena soddisfazione per la sentenza, sottolineando come questa certifichi la correttezza del percorso intrapreso per contrastare fenomeni isolati ma dannosi per l’immagine dell’azienda e la fiducia dei cittadini. «Questa pronuncia rappresenta un tassello fondamentale nella strategia di risanamento e trasparenza perseguita con determinazione», si legge nel comunicato. L’azienda ha ribadito che le attività di monitoraggio e prevenzione non mirano solo a sanzionare ammanco economico, ma a tutelare la reputazione dell’ente e la professionalità della maggioranza dei dipendenti onesti.
Il presidente del CdA, Umberto De Gregorio, ha sottolineato: «La sentenza conferma che la linea del rigore e della legalità è l’unica possibile. Le attività di vigilanza e prevenzione degli illeciti proseguiranno senza sosta, a garanzia dell’utenza e della credibilità del Trasporto Pubblico Campano».
Conferma dei principi del diritto del lavoro
Anche l’avvocato Marcello D’Aponte, legale di Eav nel procedimento, ha evidenziato l’importanza della decisione: «Il Tribunale di Napoli chiarisce la legittimità dei controlli investigativi da parte del datore di lavoro, anche tramite agenzie private, quando finalizzati a verificare comportamenti penalmente rilevanti o fraudolenti. La sentenza conferma la validità della prova investigativa, la correttezza della procedura disciplinare e il rispetto del diritto di difesa del dipendente, respingendo le argomentazioni difensive pretestuose».