Un’organizzazione dedita alla cattura e al commercio illegale di cardellini e altre specie protette è stata smantellata a Poggiomarino, nel Napoletano, al termine di una complessa indagine coordinata dalla Procura di Torre Annunziata. Sette persone sono state raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip oplontino, eseguita dagli agenti della Polizia Metropolitana di Napoli, con il supporto tecnico della LIPU.

Le misure cautelari e le perquisizioni

L’indagine ha portato a oltre quaranta perquisizioni domiciliari nelle province di Napoli, Salerno, Caserta e Avellino. Per il presunto capo dell’associazione è disposta la custodia in carcere; un secondo indagato si trova agli arresti domiciliari. Altri quattro soggetti sono sottoposti all’obbligo di dimora (per tre di loro anche all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria), mentre per il settimo è scattato il divieto di dimora a Poggiomarino.

I reati contestati comprendono furto ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato, ricettazione, maltrattamento di animali e commercio di fauna selvatica, per un totale di oltre ottanta capi di imputazione.

Il traffico illecito dei cardellini

Secondo quanto accertato dagli investigatori, l’associazione operava stabilmente a Poggiomarino, ma con ramificazioni in tutta la Campania.
I bracconieri, considerati veri professionisti del settore, catturavano quotidianamente decine di cardellini con reti e trappole illegali, note come “cardellini incamiciati” o “di bacchetta”. Gli animali erano poi consegnati nel giro di poche ore al presunto promotore dell’organizzazione, che ne gestiva la rivendita nel suo garage.

Le telecamere nascoste installate dagli agenti hanno documentato lunghe file di acquirenti in attesa di comprare i volatili, il cui valore poteva variare da 100 a oltre 8.000 euro per esemplare, in base alle capacità canore.

Le pratiche crudeli e le sofferenze inflitte

Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno rivelato metodi di addestramento crudeli, finalizzati a migliorare il canto degli uccelli.
Quando i risultati non soddisfacevano le aspettative, gli esemplari considerati “meno redditizi” erano soppressi.
In alcuni casi, gli investigatori hanno accertato pratiche particolarmente efferate, come accecare i cardellini per indurli a cantare in modo continuo: atti di maltrattamento confermati anche dalle registrazioni audio dei versi di dolore degli animali.

I bracconieri, inoltre, non esitavano a uccidere rapaci protetti, come i gheppi, rimasti intrappolati accidentalmente nelle reti, schiacciandone la testa con pietre.

Il ruolo dell’organizzazione

Le indagini hanno evidenziato una struttura ben organizzata, in cui diversi soggetti ricoprivano ruoli intercambiabili: c’era chi procacciava nuovi clienti, chi acquistava volatili da altri bracconieri e chi gestiva la rivendita.
L’attività illecita si basava su un mercato parallelo molto redditizio, incentrato su esemplari di avifauna selvatica addestrati al canto per fini ornamentali o di competizione.

Al termine delle formalità di rito, il presunto capo dell’associazione è trasferito presso il carcere di Poggioreale a disposizione dell’autorità giudiziaria.