Un semplice invito a rispettare la fila per il bagno si è trasformato in un incubo: un giovane è stato brutalmente aggredito da un gruppo di ragazzi in un locale della movida partenopea, nel quartiere Chiaia, zona dei cosiddetti “baretti”. I Carabinieri del Nucleo Operativo di Napoli Bagnoli hanno eseguito tre misure cautelari nei confronti di giovani tra i 20 e i 31 anni, ritenuti protagonisti della violenta aggressione avvenuta nelle prime ore del 1° febbraio scorso. Uno di loro è raggiunto da un’ordinanza di custodia in carcere (era già detenuto), mentre gli altri due sono finiti agli arresti domiciliari.

Un’aggressione shock per una richiesta di civiltà
Secondo le indagini, la vittima aveva semplicemente chiesto a un giovane di rispettare la fila per accedere al bagno. La reazione è stata brutale e spropositata: uno degli aggressori ha estratto un’arma, poi risultata una replica di un revolver, e l’ha puntata alla testa del ragazzo, colpendolo con violenza almeno quattro volte al capo.

Il giovane, già stordito dalle percosse, finì trascinato fino al bancone del locale dove era pestato selvaggiamente da altri membri del gruppo, fino a perdere i sensi. L’intera scena si è consumata sotto gli occhi dei presenti, in un clima di totale impunità.

Colpi esplosi all’esterno e cancellazione delle prove
Poco dopo, all’esterno del locale, sono esplosi alcuni colpi con la stessa arma finta, mentre gli aggressori si davano alla fuga. Successivamente, durante una perquisizione, la replica è rinvenuta a casa dell’aggressore principale.

Durante le indagini, è emerso che la titolare del locale aveva tentato di cancellare le immagini delle telecamere di videosorveglianza, nel tentativo di ostacolare le indagini. Tuttavia, i carabinieri sono riusciti a recuperare i filmati, fondamentali per la ricostruzione dei fatti. La donna è ora indagata per favoreggiamento.

Esclusa l’aggravante mafiosa, ma resta l’allarme sociale
La Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) aveva chiesto misure cautelari anche per altri tre indagati e aveva ipotizzato l’aggravante mafiosa. Tuttavia, il tribunale del Riesame ha escluso la matrice camorristica, ritenendo che mancassero elementi riconducibili a un’organizzazione criminale.

Nonostante ciò, il giudice ha sottolineato la gravità dell’accaduto, definendolo un gesto “sproporzionato, arrogante e prepotente”, che rappresenta una chiara minaccia per la sicurezza collettiva. Il tutto sarebbe partito da una semplice richiesta di rispetto delle regole.