«La camorra si è evoluta più della ’ndrangheta, soprattutto nel dark web e nel Nord Italia, dove investe nei settori dell’imprenditoria e della ristorazione». A lanciare l’allarme è Nicola Gratteri, procuratore capo di Napoli, intervenuto al festival della Cultura “èStoria” a Gorizia.

Gratteri ha raccontato i dettagli di un’indagine che ha colpito una banca online con 6.000 clienti, dotata di sistemi di schermatura di tecnologia israeliana, con sedi in Lituania e Lettonia, e che in soli due anni avrebbe riciclato 3,3 miliardi di euro. Per comunicare, i membri utilizzavano 600 telefoni criptati.

Il procuratore ha evidenziato anche il salto tecnologico della ’ndrangheta calabrese, in particolare le famiglie di Crotone, che avrebbero assoldato hacker romeni e tedeschi per l’estrazione di bitcoin. «Fino a 3-4 anni fa i cartelli criminali non volevano essere pagati in criptovalute – ha spiegato – ma ora le accettano».

Gratteri ha poi citato un episodio emblematico: «Abbiamo arrestato un hacker che aveva il dominio del sito del ministero della Giustizia. Poteva cancellare reati, inserire nomi falsi, perfino farmi risultare indagato. Lo abbiamo convinto a collaborare: ha parlato e ci ha portati a sequestrare 34 milioni in bitcoin nel dark web, che sono stati convertiti in euro e versati nel Fondo unico giustizia dello Stato».

Sul fronte normativo, Gratteri è stato netto: «Dalla riforma Cartabia in poi, eccetto quella sulla cybersicurezza del luglio 2024, le altre sono inutili. Ma ora almeno la legge consente di fermare un hacker e fargli collaborare con lo Stato». Il pentito informatico, ha concluso, riceverà la condanna più bassa possibile, ma intanto «i soldi sono già rientrati nelle casse dello Stato».