La fibromialgia è una sindrome caratterizzata da dolore diffuso a muscoli e articolazioni, stanchezza e disturbi del sonno. Si tratta di una patologia cronica che colpisce soprattutto le donne, con un rapporto di 9:1 rispetto agli uomini, e spesso richiede anni prima di essere diagnosticata. Attualmente, la fibromialgia non è inclusa negli elenchi ministeriali delle patologie croniche e quindi non è nei Livelli Essenziali di Assistenza. Dopo la pandemia di COVID-19, i casi di fibromialgia sono in continua crescita. In Campania si stima che ci siano circa 120 mila casi, mentre in Italia sono presenti circa 2 milioni di pazienti. Secondo uno studio israeliano, la fibromialgia è una frequente conseguenza del COVID-19 e la sviluppa il 15% di chi è ricoverato per l’infezione. La percentuale sale al 26% nel sesso femminile, dove la sindrome è molto più comune.

Il male misterioso

La fibromialgia a lungo considerata una patologia “misteriosa”, di cui era messa in dubbio persino l’esistenza. Oggi, invece, è riconosciuta come patologia reumatica extra-articolare ma resta un problema spesso diagnosticato con grande ritardo. Il sintomo cardine è il dolore cronico, riferito come una sorta di tensione muscolare localizzata in alcune zone, come collo, spalle, schiena e gambe, oppure diffuso. Il dolore può diventare disabilitante e spesso si associa a stanchezza, disturbi del sonno e altri sintomi fra cui ansia e depressione, che a lungo hanno portato a considerare la fibromialgia come una somatizzazione di disagi psichici che invece ne sono una conseguenza.

Le cause

Le cause della fibromialgia non sono ancora completamente conosciute, ma oggi esistono criteri diagnostici condivisi: è molto importante escludere altre malattie che possano essere causa del dolore ed egli altri sintomi, valutando la storia del paziente e soprattutto la durata del dolore e i trigger points, i punti dolenti che nel paziente con fibromialgia sono almeno 11 su 18 punti chiave totali.

L’attenzione alla sindrome e alla sua diagnosi è ancora più importante oggi, alla luce dei dati raccolti da ricercatori dello Sheba Medical Center in Israele: analizzando circa 200 pazienti ricoverati per COVID-19 nel 2020, è emerso che l’87% ha avuto almeno un sintomo correlato alla fibromialgia dopo essere guarito dall’infezione, il 15% ha sviluppato la sindrome nei cinque mesi successivi. Fra le donne, l’incidenza è stata del 26%, sei volte maggiore rispetto alla popolazione generale; i sintomi più comuni, presenti ciascuno in oltre un caso su due, sono stanchezza, disturbi del sonno e dolori muscolari e articolari.

I commenti

Gli esperti chiedono perciò di puntare i riflettori su questa sindrome, in modo che venga facilitata una diagnosi tempestiva e quindi garantita una presa in carico assistenziale adeguata, in centri con esperienza. Se ne è parlato in occasione del XII Corso di Alta Formazione sul dolore acuto e cronico, dalla ricerca alla clinica organizzato dall’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, dal 9 all’11 marzo. “La fibromialgia è una sindrome ‘misteriosa’ di cui per lungo tempo è stata messa in dubbio perfino l’esistenza.

Oggi è riconosciuta come patologia reumatica extra-articolare ma resta un problema spesso diagnosticato con grande ritardo e qui al Pascale siamo fortemente impegnati a scongiurare che accada, evitando che i pazienti per mesi o anni si sottopongano a visite da diversi specialisti prima di dare un nome al proprio disturbo”, spiega Arturo Cuomo, direttore della Struttura Complessa di Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli e Presidente del Convegno.