Una testimonianza raccolta da Nessuno tocchi Ippocrate riaccende l’attenzione sul clima sempre più teso tra medici e pazienti. A parlare è un chirurgo, che ha scelto di rimanere anonimo per non cercare visibilità, ma per lanciare un appello pubblico su fiducia, responsabilità e rispetto reciproco.

“Ho operato un paziente per un’ernia inguinale e, come d’abitudine, gli ho lasciato il mio numero personale per il decorso post-operatorio”, racconta il medico. “Ci siamo sentiti più volte su WhatsApp, anche dopo la visita di controllo. Poi, un pomeriggio, alle 16:30, il paziente mi scrive, ma non riesco a rispondere subito per motivi personali”.

Il paziente, preoccupato da alcuni sintomi, decide autonomamente di recarsi in pronto soccorso, dove viene esclusa qualsiasi complicanza. Le sue condizioni sono buone, nessun problema legato all’intervento.

“Nonostante le rassicurazioni dei colleghi – prosegue il medico – il paziente mi scrive messaggi minacciando di avviare una causa legale nei miei confronti per non aver risposto immediatamente su WhatsApp”.

“Siamo diventati bersagli, non punti di riferimento”
Il chirurgo non nasconde l’amarezza per l’episodio. “Non è il timore legale a preoccuparmi. È la trasformazione della relazione medico-paziente in qualcosa di distorto, conflittuale. Ho scelto questa professione per vocazione, la vivo come una missione. Ma oggi, troppo spesso, è una battaglia solitaria, in cui siamo lasciati esposti, criminalizzati”.

Non è un atto d’accusa, ma un invito alla riflessione. “Serve un nuovo patto di fiducia. Dobbiamo tornare a riconoscere i limiti umani, i tempi professionali e i ruoli reciproci. Non per tornare indietro, ma per andare avanti in modo sano, giusto, condiviso”.

Una richiesta di umanità in un sistema sotto pressione
La testimonianza, che potrebbe presto diventare un appello pubblico, arriva in un momento in cui la sanità italiana è sotto crescente pressione: aggressioni, denunce, carichi di lavoro insostenibili, disaffezione da parte di molti professionisti.

“Non possiamo permetterci un sistema in cui i legami umani si sgretolano”, conclude il chirurgo. “Senza relazioni sane, la sanità perde la sua anima”.