Per contenere la crescente spesa previdenziale e incentivare la permanenza dei lavoratori anziani nel mercato del lavoro, il governo ha introdotto una misura fiscale innovativa: il Bonus pensione 2025, noto anche come Bonus Giorgetti. La novità riguarda tutti coloro che, pur avendo maturato i requisiti per la pensione entro il 31 dicembre 2025, scelgono di continuare a lavorare.

La misura è contenuta nel decreto di luglio 2025 che integra la riforma Irpef-Ires, e sarà operativa da settembre per il settore privato e da novembre per quello pubblico.

Come funziona il Bonus Giorgetti
Il meccanismo è semplice ma vantaggioso: i lavoratori che posticipano il pensionamento riceveranno direttamente in busta paga la quota dei contributi pensionistici (Ivs – Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) normalmente versata all’INPS. Si tratta di un’aliquota pari al 9,19% del reddito imponibile, che viene corrisposta al netto di tasse e imposte.

Questo bonus, interamente esentasse, può arrivare fino a 6.900 euro lordi all’anno per i redditi più elevati. Per un dipendente con reddito annuo di 30.000 euro, il beneficio netto è di circa 2.700 euro annui.

Quando entra in vigore il Bonus pensione 2025
L’erogazione del bonus seguirà il calendario delle cosiddette finestre mobili:

Settembre 2025 per i lavoratori del settore privato

Novembre 2025 per i dipendenti del settore pubblico

Il bonus parte dal primo mese utile in cui il lavoratore avrebbe potuto andare in pensione ma sceglie di restare in servizio.

Requisiti per accedere all’incentivo
Il Bonus Giorgetti non è limitato ai beneficiari di Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi). Possono accedervi anche coloro che maturano i requisiti per la pensione anticipata ordinaria, basata esclusivamente sull’anzianità contributiva.

È fondamentale precisare che il bonus non viene riconosciuto in automatico: il lavoratore interessato deve presentare una domanda specifica all’INPS, che verificherà il possesso dei requisiti.

Cosa si guadagna oggi e cosa si perde domani
Il vantaggio immediato è evidente: stipendio più alto ogni mese, senza tassazione aggiuntiva. Tuttavia, c’è anche un effetto collaterale da considerare. Poiché il lavoratore non versa più i contributi Ivs, il suo montante contributivo cresce più lentamente, con una riduzione contenuta dell’assegno pensionistico futuro.

La componente retributiva della pensione (se prevista) rimane invariata. In pratica, si sacrifica una piccola quota futura in cambio di un aumento netto immediato dello stipendio.

Perché il governo ha scelto questa strada
L’Italia è tra i Paesi con la popolazione più anziana al mondo: oltre il 23% dei cittadini ha più di 65 anni, quota che potrebbe salire al 35% entro il 2050. Una pressione crescente che si riflette sulla spesa pubblica per le pensioni, che nel 2024 ha superato i 336 miliardi di euro, con una previsione di oltre 344 miliardi per il 2025.

Negli ultimi anni il governo ha progressivamente ridimensionato strumenti come Quota 100, Quota 102 e Quota 103, che agevolavano l’uscita anticipata dal lavoro. Oggi l’approccio è opposto: incentivare la permanenza attiva dei lavoratori, premiando economicamente chi sceglie di restare.

Un’evoluzione del Bonus Maroni
Il Bonus Giorgetti richiama il Bonus Maroni introdotto nei primi anni 2000. Allora, i lavoratori che rinviavano la pensione potevano ricevere i contributi in busta paga, ma il provvedimento ebbe scarso successo a causa della tassazione ordinaria.
La nuova versione è più vantaggiosa, grazie alla totale esenzione fiscale, rendendola particolarmente interessante per i lavoratori con redditi medi e alti.