Una sperimentazione clinica senza precedenti prende il via in Italia per trattare la depressione resistente ai farmaci attraverso l’impiego della psilocibina, una sostanza psichedelica contenuta in alcune specie di funghi. Lo studio pionieristico, autorizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), sarà condotto presso la Clinica Psichiatrica dell’Ospedale di Chieti, diretta dal professor Giovanni Martinotti, in collaborazione con l’Università “G. d’Annunzio”, la Asl Roma 5 e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti” di Foggia.

Un approccio innovativo alla depressione
L’interesse per la sperimentazione è legato agli effetti particolari della psilocibina, che una volta assunta viene trasformata nell’organismo in psilocina, una molecola che agisce sui recettori della serotonina. Questo meccanismo modula le reti cerebrali legate all’umore, alla percezione e al pensiero.

Diversi studi internazionali – condotti negli Usa, Regno Unito, Svizzera e Australia – hanno infatti già dimostrato che una o due somministrazioni di psilocibina possono produrre effetti antidepressivi rapidi e duraturi, con miglioramenti clinici osservati fino a sei mesi nei pazienti che non rispondono ai trattamenti convenzionali.

La ricerca in Italia
Con l’avvio del trial a Chieti, anche l’Italia entra così nel ristretto gruppo di Paesi che stanno esplorando approcci psichedelici avanzati per la salute mentale. La sperimentazione coinvolgerà pazienti selezionati con diagnosi di depressione resistente, i quali riceveranno la sostanza in un contesto clinico rigorosamente controllato.

Il team multidisciplinare della Clinica Psichiatrica, insieme agli esperti delle strutture coinvolte, seguirà i pazienti con protocolli di sicurezza, supporto psicologico e monitoraggio neurologico per valutare efficacia, tollerabilità e durata degli effetti terapeutici.

Un possibile cambio di paradigma
Questa sperimentazione rappresenta un possibile cambio di paradigma nel trattamento della depressione, aprendo infatti nuove strade dove le terapie standard non risultano efficaci. “Si tratta di un’opportunità straordinaria per offrire speranza a chi soffre da anni senza trovare sollievo”, ha dichiarato il professor Martinotti.

I primi risultati sono quindi attesi nei prossimi mesi e saranno oggetto di pubblicazione scientifica.