In Italia, sei istituti penitenziari accolgono persone transgender, per un totale di circa 70 detenuti. Tuttavia, la loro detenzione si caratterizza per una “doppia difficoltà”: oltre alla privazione della libertà, affrontano ulteriori ostacoli legati alla loro identità di genere.
Il garante regionale per i detenuti dell’Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri, ha sottolineato questa problematica in vista di un convegno di approfondimento che si terrà il 9 aprile nella sede della Regione a Bologna. L’evento porrà particolare attenzione alla situazione della sezione per persone transgender del carcere di Reggio Emilia, dove mancano istruzione, formazione professionale e accesso al lavoro, elementi essenziali per il processo rieducativo.
Le condizioni delle persone transgender in carcere
Secondo il rapporto 2023 di Antigone, i detenuti transgender sono così distribuiti:
Rebibbia Nuovo Complesso (Roma): 16 detenuti (capienza di 30 posti)
Como: 11 detenuti
Reggio Emilia: 11 detenuti
Napoli Secondigliano: 11 detenuti (di cui 8 nella sezione transgender, capienza 24 posti)
Ivrea: 7 detenuti (capienza 20 posti)
Belluno: 16 detenuti
Oltre ai 69 presenti nelle sezioni protette, due persone transgender sono collocate in sezioni promiscue per “nuovi giunti” e una in isolamento circondariale.
Un trattamento carente e un diritto negato
La collocazione dei detenuti transgender in sezioni protette è attualmente gestita tramite circuiti informali, senza una regolamentazione chiara. Questo approccio, anziché garantire pari opportunità, può trasformarsi in una forma di segregazione. Secondo Antigone, il rischio è che queste persone vengano percepite come un’”eccezione”, subendo una pluri-stigmatizzazione e un’emarginazione maggiore rispetto agli altri detenuti.
A Reggio Emilia, la sezione dedicata Orione, attiva dal 2018, presenta gravi carenze. Qui, i servizi rieducativi risultano inferiori rispetto a quelli offerti ai detenuti maschi. Inoltre, la somministrazione di terapie ormonali e il supporto psicologico per il percorso di transizione non vengono garantiti in modo adeguato, a causa della carenza di personale sanitario.
Le richieste del garante e la necessità di un cambiamento
Il garante Cavalieri chiede percorsi personalizzati per i detenuti transgender, che tengano conto delle loro esigenze specifiche, incluso il supporto per il disagio psicologico spesso associato alla loro condizione. Garantire l’accesso a istruzione, formazione e cure mediche adeguate è fondamentale per evitare che la detenzione si trasformi in un isolamento totale, con la violazione di diritti fondamentali.
L’incontro del 9 aprile a Bologna sarà un’occasione per sensibilizzare le istituzioni su queste problematiche e promuovere un cambiamento concreto nel trattamento delle persone transgender all’interno delle carceri italiane.