Era finito nella morsa degli usurai. Un piccolo imprenditore, titolare di un’azienda di assistenza su prodotti informatici e referente d’area del Partito Democratico di Soccavo, ha denunciato il suo calvario alle forze dell’ordine e questa mattina sono scattate sei misure cautelari. Due persone sono finite in carcere, due sono sottoposte ai domiciliari e per altri due indagati e’ scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: i sei indagati sono accusati, a vario titolo, di usura, aggravata in concorso, estorsione e tentata estorsione aggravata. Nello specifico il carcere è disposto per Carlo Capezzuto e Giuseppe Barretta; i domiciliari per Nicola Siano e Giovanni Minopoli; l’obbligo di firma per Gennaro Di Napoli e Francesco Di Donato.

L’attivita’ investigativa, coordinata dalla procura di Napoli e condotta dal Nucleo operativo della Compagnia Bagnoli tra i mesi di aprile e luglio 2023, è avviata a seguito della denuncia sporta da un imprenditore locale che era rimasto stritolato tra debiti e minacce. Tutto e’ cominciato durante la pandemia da Covid-19: per cercare di risollevare la propria attivita’, l’uomo aveva chiesto un prestito alle persone sbagliate. Per il prestito di somme variabili, al netto degli interessi, la vittima è costretta a restituire, fin quando ha potuto, un totale di circa 100.000 euro, per prestiti tra i 6.000 e i 71.000 euro.

“Digli a tuo padre che gli vado a rompere le corna, dove sta sta, a sto pezzo di infame, a questa carogna”. Ha subìto minacce dirette ma anche indirette, con messaggi testuali, ma anche vocali, via WhatsApp, inviate al figlio, l’imprenditore del quartiere Soccavo di Napoli vittima di sei usurai arrestati dal carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Bagnoli. I militari dell’arma, al termine di indagini coordinate dalla Procura di Napoli, hanno notificato l’arresto in carcere a Carlo Capezzuto e Giuseppe Barretta, 72 e 39 anni, i domiciliari a Nicola Siano e Giovanni Minopoli, 47 e 45 anni, e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria a Gennaro Di Napoli e Francesco Di Donato, 54 e 51 anni (che avrebbero svolto il ruolo di intermediari).

Il gip ha anche disposto il sequestro del denaro presente sui conti correnti di Siano, Minopoli e Capezzuto. La vittima, che versava in gravi difficoltà economiche a causa della pandemia, è costretta a restituire, fin quando ha potuto, anche attraverso ricariche su PostePay, un totale di circa 100.000 euro per prestiti tra i 6.000 e i 71.000 euro. E le minacce che gli erano rivolte erano indirizzate anche al sua famiglia, evocando “gli amici siciliani” (una amicizia maturata, sosteneva uno degli indagati, mentre era detenuto) e anche sostenendo l’appartenenza a un clan di Secondigliano.