Ad Arzachena, in provincia di Sassari, una tragedia ha scosso le fondamenta della comunità locale, portando alla luce un’oscurità nascosta dietro le mura di una famiglia apparentemente ordinaria. Si tratta della storia di Matteo, un ragazzo di soli 16 anni, il cui nome è ora diventato simbolo di sofferenza e ingiustizia. Dopo anni di maltrattamenti inflitti dai suoi genitori e dalla zia, Matteo ha deciso di porre fine alla sua vita, mettendo così fine a un calvario di abusi e tormenti. La sua storia, rivelata solo dopo la sua tragica morte, dipinge un quadro agghiacciante di sofferenza e disperazione.
Matteo, affidato alla custodia della sua “zia buona” dopo la revoca della potestà genitoriale dei suoi genitori e le loro successive condanne, ha vissuto un’infanzia segnata da violenze fisiche e psicologiche. Costretto a vivere in isolamento nella sua cameretta, il ragazzo era privato di ogni comfort e trattato con crudeltà inaudita.
I dettagli raccapriccianti emersi dalle indagini raccontano di un ragazzo che era segregato per ore, picchiato e privato del necessario, costretto a subire punizioni disumane nel nome di un’educazione distorta e mal concepita.
La storia di Matteo ha gettato una luce accecante sul tema del maltrattamento sui minori, un fenomeno che spesso sfugge all’attenzione pubblica, nascosto dietro porte chiuse e segreti familiari. La sua voce è ascoltata solo quando ha chiesto aiuto ai carabinieri, con un cellulare senza sim, in un ultimo atto di disperata fuga dalla sua prigione domestica.