La “ambasciata” era l’ordine di droga che era definita con un linguaggio criptico, e che chiamavano anche “caffè”, “coso” o “biscotto”. Gli spacciatori del Rione Poverelli, quartiere ad altissima densità criminale ricevevano i clienti nelle stesse abitazioni dove scontavano il carcere ai domiciliari. Ma erano protetti da sistemi di videosorveglianza, installati abusivamente e – talvolta – utilizzavano anche i figli (minorenni) per il trasporto e la consegna a domicilio degli stupefacenti. Senza scrupolo né amore. È quanto emerso nel corso delle indagini coordinate dalla procura di Torre Annunziata che hanno portato ieri mattina all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 17 persone, riformulate, dopo che erano finiti scarcerati tutti in una prima inchiesta. Sono accusati di detenzione e spaccio di cocaina, estorsione, detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi comuni da sparo, per un totale di 60 capi di imputazione, dei quali 58 concernenti la droga.
L’operazione è eseguita nel comune oplontino dai militari della sezione operativa della compagnia dei carabinieri di Torre Annunziata. Per 14 degli indagati, cinque dei quali già detenuti in carcere per altra causa, è disposta la custodia cautelare in carcere, per due indagate è disposto il divieto di dimora nella città metropolitana di Napoli e per un’altra indagata è disposto l’obbligo di dimora nel comune di Gragnano. Le indagini sono partite nel dicembre del 2018, a seguito del ferimento a colpi d’arma da fuoco di un uomo, risultato poi essere un acquirente di stupefacenti, avvenuto all’interno del rione popolare Poverelli del centro storico di Torre Annunziata.