La stringe tra le mani. Ha gli occhi luccicanti di felicità. È la sua maglia, quella rossonera, l’unica capace di regalargli emozioni impossibili da descrivere. «Un’intervista? – finge (o forse no…) di voler quasi declinare il nostro invito – Come faccio a spiegare cosa provo in questo momento?». Mimmo La Marca è un uomo felice. L’espressione con la quale si concede al nostro taccuino, tradisce tutta la sua gioia, la stessa che gli consente poi di recuperare la stessa grinta impiegata sul rettangolo verde per rispondere alle nostre domande e chiarire, si spera una volta per tutte, le ragioni della sua fuga con immediato ritorno.

Bentornato a casa Capitano…

«Grazie, ma non chiamatemi Capitano, la fascia ora è sul braccio di Manco…».

Giusto. L’errore non lo avremmo commesso se quest’estate non fosse successo ciò che è successo…

«Ho accettato la proposta dell’Atripalda, convinto in quel momento che fosse la scelta giusta. Avevo parlato con un importante dirigente della Palmese, ricevendo risposte molto incerte sul futuro della società. Lo stesso dirigente mi ha consigliato di guardarmi intorno e valutare eventuali offerte. A quel punto ho chiesto il permesso, non a mio padre, presidente uscente, di parlare con l’Atripalda che aveva mostrato interesse nei miei confronti ricevendo risposta affermativa. Se avessi avuto notizie confortanti sul futuro, avrei aspettato, come ho sempre fatto».

Qualcuno potrebbe aver frainteso le tue intenzioni. Sei consapevole di avere adesso responsabilità ancora maggiori?

«Io credo di aver agito sempre nella massima correttezza e nella massima chiarezza nei confronti di tutti. Certo, posso immaginare che qualcuno non abbia compreso le mie scelte, anche perché non tutti possono conoscere la verità. Ora però, la cosa più importante per me è un’altra. Voglio rimettermi in gioco. Torno in punta di piedi con l’unico obiettivo di aiutare la squadra».

Aiutarla… a?

«Quest’anno, a differenza della passata stagione, non possiamo nasconderci. L’organico è di prim’ordine, ci sono individualità importanti, abbiamo il dovere di ben figurare, anche se nel nostro girone sono presenti compagini altrettanto attrezzate…».

Lo diciamo sottovoce… Cosa significherebbe per te vincere a Palma Campania?

«Il massimo! Per me Palma è tutto. È la mia casa, la mia famiglia, un paese che amo. Ho vinto lontano da qui, ma non potrà mai essere la stessa cosa. Questa piazza ti fa sentire protagonista come nessun’altra. Certo, tutto ciò fa aumentare le responsabilità, ma questa per me rappresenta uno stimolo ulteriore…».

Ai tifosi cosa vuoi dire in questo momento?

«Il mio unico rammarico è quello di non vedere la folla di una volta allo stadio. Sarebbe bellissimo se al comunale tornasse il pubblico di qualche anno fa, quello capace di trascinare la squadra nei momenti di difficoltà, il nostro dodicesimo uomo in campo. Sarebbe bellissimo se la squadra riuscisse a riportare sugli spalti gli stessi spettatori di allora…».