A partire dal 1° gennaio 2026, la riforma dell’ISEE introdurrà importanti modifiche nel calcolo della situazione economica equivalente delle famiglie. Tra le principali novità, una riguarda il trattamento dell’abitazione di proprietà: chi possiede una “prima casa” con un valore catastale inferiore a una certa soglia vedrà il suo patrimonio immobiliare ridotto nel calcolo dell’ISEE, con potenziali vantaggi sull’accesso ai bonus e alle agevolazioni.
Le novità principali per la “prima casa” e gli affittuari
Secondo la nuova normativa, le abitazioni di proprietà con un valore catastale inferiore a 91.500 euro (con un aggiustamento di 2.500 euro per ogni figlio convivente) non verranno più considerate come parte del patrimonio immobiliare nel calcolo dell’ISEE. Di conseguenza, chi è proprietario della propria casa beneficerà di un abbassamento del valore dell’ISEE, facilitando l’accesso a prestazioni sociali e aiuti economici.
Tuttavia, questa misura non si applica a chi vive in affitto. Per chi paga un canone di locazione, infatti, non sono previste compensazioni che possano ridurre l’ISEE, con il rischio che il valore di quest’ultimo resti alto. Ciò potrebbe limitare l’accesso a bonus e agevolazioni, penalizzando indirettamente le famiglie che non possiedono una casa.
Perché gli affittuari sono penalizzati
La riforma crea una disparità tra i proprietari di casa e gli affittuari, in quanto solo i primi possono beneficiare di un abbassamento del proprio ISEE grazie all’esclusione della “prima casa” dal calcolo. Gli affittuari, pur pagando un canone che può rappresentare una spesa consistente, non vedono ridotto il loro ISEE, che resta influenzato integralmente dal reddito e dalle altre voci patrimoniali.
Questa situazione può risultare penalizzante per chi vive in affitto, soprattutto considerando che la spesa per l’affitto è spesso tra le più gravose nel bilancio familiare. A ciò si aggiungono anche altre spese per la famiglia, come ad esempio quelle per il nido o per altre necessità quotidiane, che possono rendere il budget ancora più stretto.
Gli impatti sui bonus e le agevolazioni
Il valore elevato dell’ISEE, determinato anche dalla mancata riduzione per il canone d’affitto, comporta per gli affittuari un accesso ridotto o nullo ad alcune importanti agevolazioni legate al reddito e al patrimonio. Ecco alcuni esempi concreti:
Assegno Unico per i figli: un ISEE elevato riduce l’importo dell’assegno.
Assegno di Inclusione (AdI) e Supporto Formazione e Lavoro (SFL): queste misure richiedono un ISEE inferiore ai 10.140 euro, quindi un ISEE alto rende difficoltoso l’accesso.
Bonus asilo nido, bonus nuovi nati, Carta Acquisti: con un ISEE alto, il rischio è di non rientrare nei requisiti o di beneficiare di importi più bassi.
Esempio pratico: le differenze tra affitto e proprietà
Per capire meglio le differenze, consideriamo due esempi pratici:
Famiglia A: vive in una casa di proprietà con valore catastale inferiore a 91.500 euro. Grazie alla riforma, il valore dell’immobile non viene conteggiato nell’ISEE, che risulta quindi più basso. La famiglia rientra facilmente nelle fasce più favorevoli per l’accesso ai bonus.
Famiglia B: vive in affitto e paga un canone mensile, ma non possiede alcuna casa. In questo caso, l’ISEE non beneficia di alcuna riduzione, e quindi risulta più elevato. La famiglia rischia di rientrare in fasce meno favorevoli per gli stessi bonus, e l’importo dell’assegno unico o del bonus nido potrebbe essere ridotto.
Questo esempio evidenzia una disparità che potrebbe risultare ingiusta, soprattutto considerando che chi vive in affitto si trova spesso in una condizione economica più fragile rispetto ai proprietari di casa.
La riforma e il paradosso degli affittuari
La riforma ISEE, pur mirando a ridurre le disuguaglianze tra famiglie proprietarie e non, finisce per penalizzare indirettamente chi vive in affitto, una categoria che dovrebbe essere sostenuta maggiormente proprio per le difficoltà economiche legate all’alto costo degli affitti. La mancanza di misure compensative per gli affittuari potrebbe esporli a difficoltà nell’accesso alle agevolazioni, in un contesto economico che richiede invece politiche di sostegno più forti.





