Secondo quanto dichiarato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, oltre diecimila detenuti potrebbero essere idonei a misure alternative alla detenzione. Questa stima si basa sull’attività della task force ministeriale, che sta collaborando attivamente con i tribunali di sorveglianza e gli istituti penitenziari per avviare percorsi alternativi alla detenzione tradizionale. L’obiettivo è alleggerire il sovraffollamento nelle carceri, un problema che compromette la dignità dei detenuti e il corretto funzionamento del sistema penitenziario.
L’approccio differenziato: evitare interventi generalizzati
Nordio ha sottolineato l’importanza di non ricorrere a misure automatiche o generalizzate, come quelle adottate con l’indulto del 2006, che hanno portato a un rapido aumento della popolazione carceraria nei successivi tre anni. Secondo il ministro, un approccio uniforme non è efficace, come dimostra il tasso di recidiva elevato, che si attesta al 48%.
Chi sono i detenuti idonei per misure alternative?
Secondo l’analisi del Ministero della Giustizia, sono circa 10.105 i detenuti definitivi che potrebbero accedere a misure alternative. Si tratta di persone con una pena residua inferiore a 24 mesi, che non hanno commesso reati particolarmente gravi o disciplinari nell’ultimo anno. Questi detenuti, esclusi i reati ostativi, sono considerati potenziali beneficiari di misure come la detenzione domiciliare, il lavoro esterno o la semilibertà.
Collaborazione tra giustizia e amministrazione penitenziaria
Un altro elemento fondamentale della riforma è la collaborazione tra l’amministrazione penitenziaria e la magistratura di sorveglianza, che permetterà di accelerare l’iter delle pratiche relative alle misure alternative. Nordio ha spiegato che questa sinergia consentirà di smaltire più rapidamente le richieste già avviate, riducendo così la pressione sulle strutture carcerarie.
Obiettivo: deflazione delle presenze carcerarie
Il progetto mira a ottenere una “deflazione delle presenze” nelle carceri, riducendo il numero di detenuti e migliorando le condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari. La riforma punta a favorire un sistema più umano ed efficiente, in cui le misure alternative possano rispondere meglio alle esigenze di riabilitazione dei detenuti, senza compromettere la sicurezza.





