Un nuovo studio ha individuato il meccanismo che alimenta la deformazione del suolo ai Campi Flegrei, nota come bradisismo. La causa principale sarebbe il riscaldamento e la pressurizzazione dell’acquifero intermedio, un serbatoio idrotermale localizzato a una profondità compresa tra 2,7 e 4 chilometri.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Solid Earth, è stata condotta dall’Istituto di Geoscienze e Georisorse del Cnr di Pisa (Cnr-Igg) insieme all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di Napoli e Pisa, in collaborazione con Steam srl, società specializzata in tecnologie geotermiche.
Lo studio: come funziona il sistema idrotermale
Gli scienziati hanno elaborato un modello del sistema magmatico-idrotermale della Solfatara, integrando analisi dei fluidi fumarolici, dati geologici di superficie e informazioni provenienti dai pozzi geotermici perforati tra gli anni ’70 e ’80 dalla joint-venture Agip-Enel.
Il modello mostra che l’attuale crisi bradisismica positiva è sostenuta proprio dall’acquifero intermedio: il suo riscaldamento e la sua graduale pressurizzazione, a loro volta, sono controllati dal degassamento magmatico.
I rischi: esplosioni idrotermali e colate di fango
Secondo gli esperti, il mantenimento di elevata pressione nell’acquifero intermedio potrebbe innescare esplosioni idrotermali o freatiche, fenomeni legati alla vaporizzazione improvvisa dell’acqua. Queste esplosioni comporterebbero lo sgretolamento delle rocce sovrastanti e la possibile formazione di colate di fango bollente e detriti, che si riverserebbero verso la linea di costa, come già accaduto in passato alla Solfatara.
«È importante chiarire – spiega Claudia Principe, ex dirigente di ricerca del Cnr-Igg e associata a Ingv – che questo tipo di fenomenologia non implica il coinvolgimento diretto del magma».
Il ruolo del monitoraggio
Gli studiosi sottolineano che il rischio di esplosione idrotermale può essere mitigato controllando costantemente la temperatura e la pressione dell’acquifero intermedio. Un contributo decisivo potrebbe arrivare da nuovi pozzi geotermici, che permetterebbero non solo di analizzare i fluidi in profondità, ma anche di ridurre la pressione del serbatoio, abbassando di conseguenza la probabilità di eventi esplosivi.