Il governo Meloni si trova di fronte a un nodo complesso riguardante la riforma delle pensioni in Italia. Con risorse limitate a disposizione, l’obiettivo principale della maggioranza è quello di superare la legge Fornero, ma si prevede di adottare inizialmente misure-ponte, temporanee, in attesa di poter affrontare una riforma strutturale. Tra le opzioni prese in considerazione, figurano la proroga della Quota 103, l’introduzione della Quota 41 contributiva o il ritorno della Quota 96, destinata solo a lavoratori gravosi. Tuttavia, la decisione finale sarà presa solo dopo un’attenta valutazione delle risorse disponibili per il prossimo anno, che avverrà entro ottobre.

Una delle ipotesi proposte dalla leader del governo, Giorgia Meloni, riguarda l’intervento sull’Opzione donna, al fine di ampliare la platea dei beneficiari, dopo il taglio effettuato dalla legge di Bilancio precedente. Inoltre, si prevede di confermare la Quota 103 e potenziare l’Ape sociale, al fine di garantire una maggiore flessibilità agli individui che desiderano ritirarsi anticipatamente.

Tuttavia, l’ipotesi della “Quota 41” sembra essere ancora nel programma di maggioranza, rispondendo alle richieste dei sindacati. Questa opzione consentirebbe ai lavoratori di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Sebbene possa essere accolta positivamente da molti, potrebbe comportare un costo troppo elevato per lo Stato nel 2024. Questo anno è già gravato da numerosi impegni finanziari, tra cui il taglio del cuneo contributivo ai lavoratori e un intervento sulle aliquote Irpef. Inoltre, il comparto previdenziale richiederà ulteriori risorse per adeguare gli assegni all’inflazione.

Di conseguenza, sembra che la soluzione di default per gennaio 2024 sarà la conferma del meccanismo “Quota 103”. Tuttavia, il governo potrebbe prendere in considerazione un passaggio intermedio introducendo la “Quota 41” ma calcolando l’assegno con il sistema contributivo, il che comporterebbe generalmente un importo meno elevato. Questo permetterebbe di ridurre la propria spesa, potenzialmente generando risparmi nel lungo periodo. Tuttavia, nel breve termine, il governo dovrebbe affrontare il peso delle maggiori uscite se un numero significativo di persone decidesse di aderire al nuovo regime pensionistico.

L’importo esatto della decurtazione dell’assegno dipende dal percorso lavorativo del pensionando e dalla specifica carriera contributiva. In media, si può stimare un impatto negativo del 15-20% sull’assegno pensionistico, che va messo in bilancia con il beneficio di poter andare in pensione in anticipo rispetto all’attuale sistema.