Bastano poche cellule per produrre tonnellate di carne: il mondo scientifico non ha dubbi sui benefici delle carni coltivate in laboratorio, da quelli per l’ambiente a quelli economici e per la sicurezza. Grazie alle carni coltivate a partire dalle cellule staminali, “non è necessario prelevare cellule e tessuti da tanti animali, ma è sufficiente utilizzarne un numero limitato”, ha detto all’ANSA Roberto Defez, dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Napoli e membro del comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi, che già nel 2019 aveva pubblicato un documento a favore di queste tecniche, intitolato “Dagli allevamenti intensivi all’agricoltura cellulare”. La carne coltivata in laboratorio, ha aggiunto, “non ha alcuna ragione di derivare dall’uccisione di animali”.
Per quanto riguarda i costi, Defez ha osservato che “sebbene siano ancora poco competitivi, si sono ridotti notevolmente. Basti pensare che negli ultimi 4-5 anni il prezzo al chilo è sceso da 300.000 dollari a 20-30 dollari”. Secondo l’esperto “non si può non vedere che cosa significhi non dover uccidere animali: vuol dire ridurre il consumo di acqua, terreno e gas serra, considerando che una mucca emette metano da viva, che il degrado del letame genera un altro gas serra come l’ossido di azoto e che la produzione di ogni chilogrammo di carne richiede 15.000 litri di acqua”. Alla luce di queste considerazioni, per Defez è chiaro come “sia necessario esaminare tutti i dati tutti i dati prima di fare qualsiasi valutazione”.