La Procura di Paola, guidata dal procuratore Domenico Fiordalisi e coordinata dal sostituto procuratore Maria Porcelli, prosegue le indagini sul focolaio di botulismo che ha colpito diversi cittadini dopo aver consumato panini da un food truck a Diamante (Cosenza). L’obiettivo è accertare eventuali responsabilità penali e ricostruire la catena di eventi che ha portato alla contaminazione.

Le prime conferme dall’Istituto Superiore di Sanità
L’ISS ha confermato, tramite analisi di laboratorio, la presenza della tossina botulinica nei primi tre campioni prelevati ai pazienti ricoverati all’ospedale Annunziata di Cosenza. Le ipotesi di reato spaziano da omicidio colposo e lesioni personali colpose fino a commercio di sostanze alimentari nocive.

Secondo gli inquirenti, non si tratterebbe di un prodotto confezionato contaminato in origine, ma di un caso di contaminazione crociata, in cui la tossina sarebbe stata trasferita da un alimento all’altro tramite utensili, mani o perfino insetti, con barattoli lasciati aperti.

Situazione clinica: 17 ricoverati, 5 in terapia intensiva
Attualmente risultano 17 pazienti ricoverati all’ospedale Annunziata:

5 in terapia intensiva (tre in miglioramento, due in condizioni più gravi)

5 in pediatria

7 in area medica

Sono somministrati finora 7 sieri anti-botulino. Due dei nuovi ricoveri riguardano ragazzi con sintomi compatibili ma condizioni stabili, tenuti in osservazione in pediatria.

Le critiche di Matteo Bassetti sulla gestione dei primi casi
Sul caso è intervenuto Matteo Bassetti, direttore di Malattie Infettive al Policlinico San Martino di Genova, che ha espresso perplessità sulla gestione iniziale di alcuni pazienti:

«Se persone con sintomi tipici di botulismo — vista annebbiata, diplopia, ptosi palpebrale, difficoltà nel parlare e segni di paralisi — sono mandate a casa, evidentemente qualche errore si è commesso».

Bassetti ha sottolineato la necessità di riconoscere tempestivamente i sintomi e di agire rapidamente con il siero, che riduce notevolmente la mortalità.

«Dal 2000 al 2020 la letalità del botulino è stata del 3%, segno che la gestione è stata efficace. Serve però più prevenzione e formazione per i sanitari».