Il Bonus Mamme 2025 rappresenta una significativa evoluzione nelle politiche di sostegno alla genitorialità e al lavoro femminile. Grazie a un recente cambiamento normativo, questa misura sarà accessibile anche alle lavoratrici precarie, ampliando la platea delle beneficiarie.

Un aiuto per conciliare lavoro e famiglia
La gestione del doppio ruolo di madre e lavoratrice rappresenta una sfida complessa per molte donne. Spesso, infatti, la mancanza di supporto familiare o economico costringe molte madri a scegliere il part-time, riducendo così il reddito disponibile. Proprio per questo, il Bonus Mamme 2025 si pone come un aiuto concreto, fornendo fino a 3.000 euro annui per sostenere le spese previdenziali e offrire un po’ di respiro alle famiglie.

Tuttavia, fino a poco tempo fa, il Bonus era riservato solo a una cerchia ristretta di beneficiarie, escludendo di fatto molte lavoratrici, in particolare quelle con contratti a tempo determinato o autonome con partita IVA.

Un cambio di rotta necessario
Introdotto con la Legge di Bilancio 2024, il Bonus Mamme inizialmente si applicava solo alle madri con almeno tre figli e un contratto a tempo indeterminato, con una durata fino al compimento dei 18 anni del figlio più giovane. Successivamente, il governo ha esteso il beneficio, in via sperimentale, anche alle madri con due figli, ma sempre con un contratto stabile e una copertura fino ai 10 anni di età del figlio più giovane.

Tuttavia, questa ulteriore apertura non è stata sufficiente per garantire equità. Le lavoratrici precarie e autonome, pur rappresentando una parte significativa della forza lavoro, continuavano a rimanere escluse.

La svolta del Tribunale di Lodi
Grazie a un ricorso presentato dall’Anief (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori), il Tribunale di Lodi ha stabilito una decisione storica: il Bonus Mamme 2025 deve essere accessibile anche alle lavoratrici precarie.

La sentenza ha preso in considerazione la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato adottato dalla direttiva 99/70 del Consiglio dell’Unione Europea, nonché gli articoli 20 e 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE. Tali norme sottolineano il divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, garantendo pari diritti per entrambi.

Impatti economici e normativi
La decisione del tribunale rappresenta un’importante vittoria per le lavoratrici precarie, ma pone anche una sfida significativa per il governo. Se tutte le mamme con due figli dovessero fare ricorso, si stima che il costo per le casse dello Stato potrebbe superare i 300 milioni di euro nel biennio 2024-2025.

Per evitare un effetto boomerang, il governo potrebbe essere costretto a rivedere il testo della legge e trovare soluzioni più inclusive per sostenere tutte le madri lavoratrici senza creare squilibri finanziari.