Le indagini della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli sul clan Russo di Nola hanno portato all’arresto di 44 persone, rivelando una fitta rete di condizionamenti sulle dinamiche politiche e imprenditoriali del territorio dell’Agro nolano. A confermarlo è il maggiore Andrea Coratza, comandante del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna, che ha ricostruito come il clan avesse stretto accordi con alcuni candidati alle elezioni amministrative.

Secondo gli inquirenti, alcuni esponenti politici avrebbero accettato sostegno elettorale in cambio di future disponibilità economiche e amministrative a favore del gruppo criminale. Alcuni di questi amministratori sono poi risultati eletti: a Cicciano in maggioranza, a Casamarciano tra i banchi dell’opposizione.

Il controllo del territorio da parte del clan Russo non emerge soltanto attraverso il condizionamento delle consultazioni elettorali. Nel corso dell’inchiesta, è stato segnalato anche un episodio intimidatorio avvenuto a Nola e denunciato dall’allora dirigente dell’Ufficio Tecnico comunale. La funzionaria sarebbe stata messa sotto pressione in relazione a pratiche edilizie di interesse del clan. L’intimidazione non sarebbe avvenuta tramite affiliati, ma attraverso un ex politico locale che l’avrebbe invitata a prestare attenzione al proprio comportamento.

Il quadro delineato dagli investigatori identifica l’Agro nolano come un territorio in cui non emergono denunce esplicite da parte degli imprenditori. Il motivo sarebbe legato alla trasformazione delle strategie criminali del clan Russo: meno violenza e un profilo più improntato all’infiltrazione economica. Una struttura con due anime, una più tradizionale e una più moderna, guidata da un giovane ingegnere che avrebbe introdotto nuove modalità di estorsione. Invece di richieste dirette di denaro, il clan puntava a imporre assunzioni, consulenze e intermediazioni nei progetti, sfruttando esclusivamente il peso del cognome.

Nelle indagini compare anche un riferimento alla Curia di Nola. Un addetto alle vendite dell’ente religioso avrebbe indirizzato la cessione di un terreno a una società riconducibile agli interessi del clan, contribuendo indirettamente al rafforzamento della loro influenza economica.