In Italia, attualmente, ci sono 28 donne detenute madri, alcune delle quali incinte, e 26 bambini presenti negli istituti penitenziari femminili di Rebibbia (Roma) e Bollate (Milano), oltre agli ICAM di Milano, Torino, Venezia e Lauro (Avellino). Particolarmente critica è la situazione nell’ICAM di Lauro, dove si trovano otto detenute madri. Quattro di queste sono incinte: tre tra il quarto e il sesto mese di gravidanza e una prossima al parto, con possibili rischi di infezione.

La denuncia del Garante campano

Samuele Ciambriello, Garante campano per le persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, denuncia la gravità della situazione: «Mettere in carcere donne incinte e i loro bambini è una forma di disumanità. Il carcere può essere l’unica risposta al reato? Questa è una barbarie».

Ciambriello sottolinea il ruolo del Decreto Sicurezza, che ha reso facoltativo il rinvio della pena per donne in gravidanza o con figli minori di tre anni. «La politica ha reagito a una campagna di allarme sociale, senza considerare le conseguenze sui più vulnerabili. A Lauro, ad esempio, non è presente un ginecologo operativo né un pediatra fisso, e sei bambini vivono in carcere senza colpa», aggiunge.

L’impatto sui bambini

I bambini di madri detenute si trovano in una condizione di ingiustizia: crescono in un ambiente inadatto, privi delle cure e delle attenzioni necessarie. «Il bambino è un’entità separata dalla madre, non dovrebbe mai crescere dietro le sbarre», continua Ciambriello.

L’appello del Garante è chiaro: occorre rivedere le politiche penali, promuovere soluzioni alternative come le case-famiglia e proteggere i minori da decisioni che li rendono “troppo adulti” prima del tempo. La sfida è contrastare il populismo penale e offrire tutela a chi è più vulnerabile.