Una nuova, imponente indagine della polizia ha portato alla luce l’articolata rete criminale attiva nel quartiere Don Guanella di Napoli, riconducibile al potente cartello dell’Alleanza di Secondigliano, dominato dai clan Licciardi, Contini e Mallardo. Otto persone risultano indagate con accuse gravissime: associazione di stampo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere, traffico di droga, porto abusivo d’armi, estorsione, riciclaggio e ricettazione.
Il gruppo finito al centro delle indagini fa capo alla cosca dei Licciardi, in particolare alla sua articolazione operativa nel rione Don Guanella, diretta da Antonio Bruno. Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, il sodalizio non solo avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel narcotraffico locale, ma avrebbe anche ordinato ed eseguito l’omicidio di Domenico Gargiulo, avvenuto nel 2019.
Un delitto maturato tra faide e vendette
Gargiulo, soprannominato “’o sic ‘e penniell”, era un pregiudicato con un passato criminale complesso: inizialmente affiliato al clan Abbinante del quartiere Monterosa, era poi passato al clan Marino nel pieno della terza faida di Scampia, tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. Era sopravvissuto a due agguati e nel secondo di questi, il 15 ottobre 2012, perse la vita Pasquale Romano, vittima innocente di uno scambio di persona.
Nel settembre 2019, con uno stratagemma, Gargiulo finì attirato in una trappola: una volta condotto nel luogo prestabilito, ucciso con un colpo alla nuca. Il cadavere finì poi nascosto nel bagagliaio di un’auto rubata e abbandonato nel rione Don Guanella. L’omicidio, secondo gli investigatori, era orchestrato con la complicità dei Licciardi e dei Sautto-Ciccarelli, e rappresentava sia una vendetta sia un segnale di forza per rinsaldare legami con il clan Abbinante.
La vendetta farebbe riferimento alla condanna all’ergastolo di Salvatore Baldassarre, nipote del boss Antonio Abbinante, condannato per l’omicidio di Pasquale Romano e il tentato omicidio dello stesso Gargiulo.
Droga e “cavallo di ritorno”: il business del clan
Parallelamente al traffico di droga, l’inchiesta ha svelato il controllo capillare esercitato dal clan Licciardi sul mercato dei veicoli rubati, attraverso il cosiddetto “cavallo di ritorno”: un meccanismo estorsivo che prevede la restituzione dell’auto al legittimo proprietario previo pagamento di un riscatto.
Il rione Don Guanella, inoltre, si conferma uno snodo cruciale nello spaccio di cocaina e hashish, con piazze di spaccio altamente organizzate. Gli inquirenti sono riusciti a identificare i fornitori della sostanza stupefacente e a ricostruire i dettagli logistici relativi all’approvvigionamento, gestione e distribuzione.
Perquisizioni e misure cautelari
Nel corso delle operazioni, condotte dalla Polizia di Stato con il supporto dei reparti investigativi specializzati, sono eseguite numerose perquisizioni e notifiche di misure cautelari a carico degli otto soggetti indagati. Le accuse, formulate dal Gip di Napoli, si inseriscono in un contesto di lotta continua alla criminalità organizzata, ancora oggi radicata e operativa in diverse aree urbane del capoluogo campano.