Una scoperta eccezionale ha catturato l’attenzione della comunità scientifica: il ritrovamento di materiale organico vetrificato all’interno del cranio di un giovane adulto maschio, vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Il corpo dell’uomo è stato rinvenuto nel Collegium Augustalium, nel Parco Archeologico di Ercolano, disteso nel suo letto.

La formazione di vetro da materiale organico è un fenomeno estremamente raro, poiché richiede condizioni ambientali molto specifiche. A svelare il processo che ha portato alla vetrificazione del tessuto cerebrale è stato un team di ricerca italo-tedesco, guidato dal vulcanologo Guido Giordano dell’Università Roma Tre. Lo studio, pubblicato su Scientific Reports con il titolo “Unique formation of organic glass from a human brain in the Vesuvius eruption of 79 CE”, ha ricostruito la dinamica che ha portato alla creazione di questo materiale straordinario.

Un Processo Estremo: Dal Fuoco al Vetro
Secondo i ricercatori, la vetrificazione del cervello è avvenuta attraverso un’esposizione rapida a temperature altissime, superiori ai 510°C, seguita da un altrettanto rapido raffreddamento. Questo ha impedito la decomposizione e ha permesso al materiale organico di trasformarsi in vetro, preservando perfettamente le sue microstrutture.

Le analisi condotte attraverso microscopia elettronica, spettrometria Raman e esperimenti calorimetrici hanno confermato che l’impatto termico iniziale fu talmente intenso da uccidere all’istante le vittime, ma durò per un periodo di tempo relativamente breve. Questo scenario, basato anche sulle descrizioni di Plinio il Giovane, suggerisce che i primi flussi piroclastici abbiano investito Ercolano con nubi di cenere caldissima, superiori ai 510°C. Tuttavia, l’assenza di un deposito consistente di materiale vulcanico ha permesso un raffreddamento immediato, innescando così il processo di vetrificazione.

“Se il corpo fosse stato investito solo dai flussi piroclastici successivi, le temperature non avrebbero superato i 465°C, e il cervello si sarebbe completamente disintegrato invece di vetrificarsi”, spiega il professor Guido Giordano.

Una Scoperta di Rilevanza Storica e Scientifica
L’eccezionalità della scoperta è sottolineata dal professor Pier Paolo Petrone, che evidenzia come mai prima d’ora sia rinvenuto un materiale cerebrale e spinale vetrificato, né tra le vittime dell’eruzione vesuviana né in altri contesti archeologici nel mondo.

“La particolare combinazione di fattori ambientali, la protezione fornita dal cranio e dalla colonna vertebrale, e l’impatto termico estremamente breve hanno permesso la sopravvivenza del tessuto cerebrale in forma di vetro”, spiega Petrone, ringraziando il Parco Archeologico di Ercolano e il suo direttore, Francesco Sirano, per la collaborazione decennale che ha portato a questa incredibile scoperta.

Importanza per la Protezione Civile
Oltre alla sua valenza scientifica e storica, lo studio ha implicazioni cruciali per la protezione civile. “Questo ritrovamento dimostra che anche i flussi piroclastici più diluiti, apparentemente meno distruttivi per le strutture, possono essere letali per le persone a causa delle temperature elevatissime”, sottolinea Giordano. Una maggiore comprensione di questi fenomeni potrebbe contribuire a sviluppare strategie di prevenzione e mitigazione del rischio vulcanico.

Un’ulteriore conferma della straordinarietà della scoperta arriva dal dottor Danilo Di Genova, che ha condotto esperimenti per ricreare il processo di vetrificazione, utilizzando avanzate tecnologie di riscaldamento e raffreddamento presso il CNR-Issmc e la Technische Universität Clausthal.