Il governo italiano è attualmente al lavoro su una riforma previdenziale che, secondo fonti attendibili, vedrà coinvolto anche un dossier dell’Inps (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale). Questo dossier mette in evidenza una serie di problematiche all’interno del sistema previdenziale italiano che richiedono una revisione urgente. L’argomento in discussione è complesso e delicato poiché riguarda direttamente le pensioni, ma soprattutto evidenzia una “ingiustizia” nel sistema che l’Inps definisce un “squilibrio” da correggere.

Una delle questioni principali riguarda il cosiddetto “coefficiente di trasformazione”, un numero che determina l’importo della pensione che un individuo riceverà in base ai contributi versati durante la vita lavorativa. Il problema è che questo coefficiente è uniforme per tutti, senza tener conto delle differenze significative tra diverse categorie di lavoratori o delle variazioni regionali nella speranza di vita.

Per esempio, il dossier dell’Inps sottolinea che alcune categorie di lavoratori, come i dirigenti o i piloti d’aereo, vivono mediamente più a lungo dopo il pensionamento rispetto agli operai e agli impiegati. Tuttavia, tutti ricevono lo stesso coefficiente di trasformazione, il che si traduce in una disparità nell’importo delle pensioni. Secondo i dati dell’Inps, chi è nelle gestioni previdenziali come Inpdai o il Fondo volo riceve in media la pensione per 19,7 anni dopo il pensionamento, mentre i lavoratori dipendenti, come operai e impiegati, la ricevono per 17,6 anni in media, il che significa due anni in meno.

La questione diventa ancora più complessa quando si considera la classe di reddito. Ad esempio, un ex lavoratore dipendente con un reddito basso vive mediamente cinque anni in meno di un ex pilota d’aereo con un reddito elevato. Inoltre, le differenze nella speranza di vita variano anche a livello regionale. Le Marche e l’Umbria sono le regioni con la speranza di vita più alta per gli uomini, mentre per le donne il record è nel Trentino Alto-Adige. Al contrario, la speranza di vita è più bassa in Campania e in Sicilia. Anche il reddito coniugale può influenzare la durata della vita dopo il pensionamento, con i più abbienti che vivono più a lungo rispetto ai meno abbienti.

Secondo l’Inps, queste differenze rappresentano un problema di equità e solidarietà nel sistema previdenziale, in quanto l’attuale sistema applica un coefficiente di trasformazione uniforme al montante contributivo, senza tenere conto della speranza di vita effettiva. Ciò significa che i meno abbienti ricevono pensioni più basse rispetto a quanto dovrebbero ricevere, mentre i più abbienti ottengono pensioni più elevate.

L’argomento dei coefficienti di trasformazione è già stato oggetto di discussione nei tavoli di consultazione con i sindacati per la riforma previdenziale. Alcune richieste avanzate dai rappresentanti dei lavoratori e dei pensionati includono la possibilità di bloccare gli adeguamenti dei coefficienti alla speranza di vita, poiché tali adeguamenti spesso comportano una riduzione degli assegni. Tuttavia, la differenziazione dei coefficienti in base all’attività lavorativa o alla residenza regionale presenta sfide complesse, e potrebbero emergere ulteriori questioni, come la differenza di speranza di vita tra uomini e donne.