Convertito all’Islam per uscire dai guai. Secondo quanto riportato da Il Mattino, Bruno Carbone, il braccio destro del narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale, noto come il “boss dei Van Gogh”, avrebbe adottato questa scelta per sfuggire alla morte. Carbone è finito arrestato nel nord-ovest della Siria da una milizia una volta legata ad al Qaida. La milizia in questione, la Hayat Tahrir al Sham (Hts), è una formazione militante salafita, strettamente legata ad Ankara e attualmente attiva e coinvolta nella guerra civile siriana. Dopo l’arresto, Carbone avrebbe subito torture e minacce e temeva di essere ucciso, quando ha deciso di chiedere ai suoi aguzzini una copia del Corano come mezzo per salvarsi la vita.

Tuttavia, questa conversione inizialmente finalizzata alla sopravvivenza sarebbe diventata una seria e convinta scelta di fede. Dalla sua latitanza dorata di Dubai, Carbone ha deciso di fuggire per evitare l’arresto e dopo un lungo calvario in Siria, è liberato e consegnato all’Italia, dove ha messo piede come musulmano.

Questa vicenda ci mostra come la conversione all’Islam non sia sempre una scelta libera e consapevole, ma possa essere influenzata da situazioni estreme e di necessità. In ogni caso, la fede deve essere una scelta personale e non un mezzo per ottenere benefici materiali o per sfuggire alla giustizia.