È di dodici anni di carcere la richiesta del pubblico ministero per Sabato Louis Battaglia, figlio del collaboratore di giustizia Martino Galasso, morto suicida. Il giovane di origini poggiomarinesi ed appartenente alla famiglia camorristica è accusato di avere ucciso a Viterbo, Federico Venzi, 43enne di Roma, responsabile di aver importunato il 21enne e la sua fidanzata. Il fatto avvenne ad ottobre scorso nel cuore della città laziale dove la famiglia del clan era rimasta, sotto falso cognome, anche una volta finito il programma di protezione per i pentiti della criminalità organizzata.
Secondo l’accusa, Battaglia avrebbe reagito alle provocazioni dell’uomo, colpendolo una prima volta in faccia ma poi esagerando con pugni e calci quando il 43enne era ormai a terra ed inoffensivo. A quel punto, al giovane Galasso, era stata anche contestata l’accusa di omissione di soccorso. Venzi, infatti, sarebbe rimasto a terra in una pozza di sangue per diverso tempo, prima che alcuni passanti vedessero il ferito e chiamassero i soccorsi. Il 43enne romano morì per dissanguamento, insomma con una corsa veloce in ospedale si sarebbe salvato.
La strategia dei legali di Battaglia, invece, sta cercando di puntare sulla legittima difesa e sulla paura che il giovane ha potuto avere vedendosi molestato dall’uomo e da un marocchino che si trovava con lui. Secondo quanto appreso, infatti, il 21enne non rispose alla prima provocazione, ma alla seconda non si fece pregare ulteriormente e scatenò l’attacco che poi per la vittima si è rilevato mortale. Il pubblico ministero ha tuttavia accertato che il decesso è arrivato senza che il ragazzo di Poggiomarino lo abbia cercato: insomma Sabato Galasso non ha colpito per uccidere ma “soltanto” per dare una lezione al romano o come dicono i suoi avvocati “per difendersi”.
Per i legali del poggiomarinese c’è anche un altro appiglio e cioè che la morte è sopraggiunta per il pestaggio solo come concausa: Venzi era infatti ubriaco ed a quanto pare avrebbe addirittura ingoiato un ponte dentario che poi ha finito per lacerare la trachea. In tal senso l’avvocato ha chiesto l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non costituisce reato. Insomma, pubblica accusa e difensori sono davvero molto lontani. Si tratta di un delitto che a Viterbo fece parecchio scalpore anche perché fece conoscere alla cittadinanza la vera identità del ragazzo di origini napoletane.
Nessuno sapeva infatti che Battaglia fosse in realtà il figlio di Martino Galasso dell’omonimo clan vesuviano. Sotto inchiesta per favoreggiamento è inoltre finita la fidanzata del giovane: pare che la partner di Battaglia abbia infatti provato a difenderlo testimoniando in maniera ambigua durante le prime fasi dell’indagine.