In una giornata particolarmente difficile per il clan dei Casalesi, la Guardia di Finanza ha messo a segno un significativo colpo al cuore del patrimonio dell’organizzazione mafiosa. Nelle stesse ore in cui il gip convalidava il fermo di Emanuele Libero Schiavone, figlio del boss pentito Francesco “Sandokan” Schiavone, e di Francesco Reccia, le Fiamme Gialle hanno eseguito una confisca di beni per un valore complessivo di 4 milioni di euro nei confronti di Luciano Licenza, un imprenditore 57enne di Casapesenna, nel Casertano.
Beni Confiscati
L’operazione, condotta dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, ha portato al sequestro di:
5 società
12 autoveicoli
2 natanti
9 rapporti finanziari
5 immobili
7 terreni
Questi beni, per un valore totale di oltre 4 milioni di euro, sono confiscati in esecuzione di un provvedimento disposto dalla Sezione per l’Applicazione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e confermato, in via definitiva, dalla Corte di Cassazione.
Il Profilo dell’Imprenditore Coinvolto
Luciano Licenza, destinatario del provvedimento, era già stato condannato con rito abbreviato a 6 anni di reclusione per associazione mafiosa, al termine di un procedimento penale presso la Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Secondo gli investigatori, Licenza era considerato vicino alla fazione del clan dei Casalesi capeggiata dall’ex boss Michele Zagaria.
Modalità di Operazione e Indagini
Le indagini hanno rivelato che, insieme ad altri imprenditori, Licenza avrebbe sfruttato le conoscenze di Zagaria nella Pubblica Amministrazione per aggiudicarsi commesse per lavori pubblici. In cambio, versava una percentuale pari al 5% dell’importo degli appalti a Zagaria, oltre a ulteriori somme destinate allo stesso Zagaria e ai suoi familiari.
I successivi accertamenti economico-patrimoniali condotti dal Gico della Guardia di Finanza di Napoli hanno messo in luce significative incongruenze tra il valore dei beni nella disponibilità di Licenza e del suo nucleo familiare e i redditi dichiarati o le attività economiche svolte tra il 1997 e il 2015. Questa discrepanza, indicativa di un’illecita accumulazione patrimoniale protratta nel tempo, è stata la base per la confisca definitiva.