Il Gup del Tribunale di Salerno ha emesso 23 condanne, per un totale di circa 223 anni di carcere, al termine dei riti abbreviati legati a una maxi inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Elena Guarino, ha riguardato una rete criminale attiva a Scafati, nell’Agro nocerino sarnese, ritenuta vicina alla camorra e pronta a imporsi sul territorio.

Le richieste della Procura superavano i 300 anni complessivi, ma alcune accuse non hanno retto in giudizio, portando a diverse assoluzioni. La sentenza sarà depositata entro 90 giorni.

Dario Federico condannato a 20 anni: secondo la DDA era al vertice del gruppo

Secondo gli inquirenti, al vertice del sodalizio vi era Dario Federico, 49 anni, originario di Boscoreale, condannato a 20 anni di reclusione.
Insieme a lui, alla stessa pena, sono stati condannati anche Salvatore Di Paolo, Antonio Forte e Renato Sicignano. Le altre pene variano da 2 a 18 anni di carcere.

L’indagine ha ricostruito l’ascesa di un nuovo clan emergente, che tra il 2021 e gli anni successivi avrebbe tentato di riempire il vuoto di potere lasciato dagli arresti di esponenti storici delle organizzazioni locali. Il gruppo, già attivo tra Pompei e Boscoreale, si sarebbe spostato su Scafati dopo il ridimensionamento del clan Matrone.

Armi, droga e violenza per il controllo del territorio

L’inchiesta delle forze dell’ordine, avviata per contrastare un traffico di stupefacenti tra Scafati e il napoletano, ha portato alla luce un sistema criminale radicato, fondato su armi, pestaggi, intimidazioni ed estorsioni.

Gli indagati, secondo la ricostruzione della DDA, si sarebbero serviti della forza di intimidazione tipica delle organizzazioni mafiose per imporre la propria autorità e ottenere denaro e controllo economico su attività locali.

Il raid a Marina di Stabia

Tra gli episodi più gravi contestati al gruppo, figura un raid armato al porto turistico di Marina di Stabia, condotto da più uomini a bordo di scooter di grossa cilindrata.
Secondo gli investigatori, l’azione sarebbe stata un’intimidazione per estorcere denaro al responsabile della struttura, con modalità violente e dimostrative.

Prossimi passi giudiziari

Con la pubblicazione della sentenza, prevista entro 90 giorni, sarà possibile conoscere nel dettaglio le motivazioni del giudice e le singole posizioni processuali, aprendo la strada ai ricorsi in appello da parte delle difese.