Oggi 6 febbraio è la Giornata internazionale della tolleranza zero contro le mutilazioni genitali femminili. Una vittoria, seppure effimera, quella di ottenere una giornata ad hoc per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su una delle più gravi violazione dei diritti umani e provare a promuovere riflessioni nelle scuole, tra le fila delle associazioni sociali e culturali, nei luoghi di aggregazioni.
Purchè se ne parli, anche se non basta solo riflettere. Sono sempre le azioni concrete a mancare. Sono ancora poche le realtà in Italia ed in Europa che si occupano di una delle pratiche più disumane che esistano al mondo.
Le mutilazioni genitali a danno delle donne sono pratiche tradizionali che vengono eseguite in vari paesi con finalità non terapeutiche, e possono ledere fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che vi sono sottoposte. Sono diffuse in diversi paesi africani, in Indonesia, in Malesia, ma spesso solo presso alcuni gruppi etnici presenti in tali paesi.
Le MGF possono risultare eseguite, illegalmente, anche nei paesi in cui gli individui provenienti da tali società siano migrati.
L’Organizzazione mondiale della Salute ha stimato che siano già state sottoposte alla pratica più di 200 milioni donne e ragazze nel mondo ogni anno di età fra gli 1 e 15 anni.
“Si stima che altri 27 milioni di ragazze potrebbero subire questa violazione dei loro diritti e della loro dignità entro il 2030 se non si interviene subito” sottolineano in una dichiarazione congiunta la direttrice generale di Unicef Catherine Russell, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus e la direttrice generale di Unfpa Natalia Kanem.
“Oggi, nella Giornata Internazionale di Tolleranza Zero per le mutilazioni genitali femminili, e in risposta al tema “Accelerare il passo: Rafforzare le alleanze e costruire movimenti per porre fine alle mutilazioni genitali femminili”, Unfpa, Unicef e Oms riaffermano il loro impegno a lavorare insieme ai paesi e alle comunità per porre fine a questa pratica dannosa, una volta per tutte”.
Dei 31 Paesi in cui vengono raccolti dati sulla prevalenza a livello nazionale, solo sette sono sulla buona strada per raggiungere l’Obiettivo di sviluppo sostenibile di porre fine alle mutilazioni genitali femminili entro il 2030. Dall’Organizzazione delle Nazioni Unite l’invito resta quello di accelerare e di agire con urgenza.





