L’attuale panorama delle pensioni di reversibilità in Italia è al centro di una significativa trasformazione, seguita a una sentenza della Corte Costituzionale che ha portato a una revisione del sistema pensionistico. Questo provvedimento è innescato dalla decisione della Corte che ha dichiarato incostituzionale un meccanismo che comportava tagli progressivi alla pensione di reversibilità per coloro che continuavano a percepire redditi personali. Precedentemente, la legge imponeva riduzioni a questa forma di pensione in base all’aumento dei redditi personali, una disposizione considerata incostituzionale dalla Corte Costituzionale nella sua sentenza del giugno 2022. L’INPS è ora obbligata a risarcire la platea dei beneficiari interessati, rimediando ai tagli effettuati negli ultimi cinque anni.

La correzione prevede un conguaglio per gli importi mancati tra il 2019 e il 2023, mentre dal 2024 in poi i criteri di calcolo seguiranno le direttive della Corte Costituzionale. Questi tagli venivano applicati a coloro il cui reddito superava quattro volte l’importo del trattamento minimo, escludendo i nuclei familiari con figli minori, studenti o disabili. Ad esempio, nel 2019 il taglio si attivava per chi aveva redditi personali superiori ai 20.007,39 euro annui.

Il conguaglio riguarderà la pensione di reversibilità assegnata al coniuge o agli eredi, escludendo coloro che, negli ultimi cinque anni, hanno avuto un reddito inferiore a tre volte il trattamento minimo o che fanno parte di un nucleo familiare con figli minori, studenti o disabili. Il rimborso delle differenze dovute ai tagli effettuati negli ultimi anni sarà accompagnato da interessi e rivalutazioni.

Pertanto, se ad esempio il coniuge ha avuto un reddito proprio nel 2023 pari a 22.000 euro, gli spetterà un conguaglio di 500 euro per quell’anno. L’INPS provvederà automaticamente a erogare tale conguaglio, senza richiedere alcuna domanda ai beneficiari.